Dalla legge sui domini collettivi un aiuto a Comuni e Università Agrarie”
“Una legge importante che, per la prima volta, riconosce che il concetto di proprietà va considerato in ottica collettiva, e non più individuale. Un cambiamento radicale nel modo di pensare i domini collettivi, che restituisce piena dignità ad un elemento fondante della nostra storia, nella parte più genuina della popolazione. Riconoscerli nella legge come ordinamento giuridico equivale a dare una connotazione chiara a tutte quelle situazioni, e sono quasi il 10% del totale della superficie agricola (il 3% della superficie totale) che, fino ad oggi, non era considerato né proprietà individuale, né comproprietà. Con questa legge, le terre d’uso comune finiscono di essere considerate ‘cose’, oggetti di scambio, e diventano realtà viventi, portatrici di un sistema di valori intrinseco, con ripercussioni positive anche per la tutela dell’ambiente. Oggi, finalmente, i Comuni e e le Università Agrarie possono uscire da una confusione normativa che, per troppo tempo, ha causato problemi e contenziosi tra enti e cittadini”.
Lo dichiara Eleonora Mattia, membro del Consiglio delle Autonomie Locali del Lazio, al termine del “Seminario sui domini collettivi” che, organizzato da Legautonomie, si è tenuto stamattina presso l’auletta di via Campo Marzio, alla presenza, tra gli altri, del vice presidente della Consulta nazionale della proprietà collettiva, Marcello Marian, del deputato Emiliano Minnucci e del professore Vincenzo Cerulli Irelli, ordinario di diritto amministrativo all’Università La Sapienza di Roma.
“La nuova legge – conclude la Mattia – supera un regime provvisorio che andava avanti dal lontano 1927, quando si tentò di sciogliere gli usi civici e sfaldare i loro patrimoni. Bisogna tenere alta l’attenzione all’uso che si farà della legge, perché si tratta comunque di proprietà collettive inserite in regime di diritto privato e sarà fondamentale che si faccia un buon uso del nuovo potere che si va ad assumere. Un ruolo chiave, in tal senso, lo hanno anche le regioni che possono autorizzare cambi di destinazione d’uso dei terreni”.
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