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Dal Vulcano Laziale ai Monti Albani

Dal Vulcano Laziale ai Monti Albani
Gennaio 10
23:00 2011

vulcanoQuesta storia è quella di un piccolo gigante. Quanti anni abbia non è dato sapere con certezza, in quanto tutti lo trovarono già lì. Eppure di lui non v’era ancora traccia quando già le guglie che diverranno Appennine, sospese all’incontro tra la zolla Africana e la zolla Euroasiatica, s’inarcavano nell’azzurro, lambite a occidente da un ancora ignoto Tirreno nel quale veleggiavano le sole sagome imponenti che saranno dei monti Cornicolani, del monte Soratte e del Circeo. Poi, poco meno di un paio di milioni di anni fa, il margine marino prese ad arretrare, per un innalzamento del fondo, mentre una quarta glaciazione interveniva ad alterare il livello del mare. Fu in quel tempo che esordì il vulcanismo laziale in particolare nei distretti di Tolfa, dei monti Ceriti e delle isole Ponziane. Ma dovrà trascorrere ancora un milione d’anni prima che il nostro amico dia segno di sé e in particolare si manifesti con un ribollire impetuoso di magmi che, violata la terra e le acque esplose, incendiano il cielo. Voglio immaginare così il primo vagito di quello che sarà il Vulcano Laziale, custode di storie infinite e del nostro minuto vagare tra le sue rughe possenti, ora dolci ora scoscese e comunque sempre cortesi e pazienti ai capricci dei loro ospiti, troppo spesso ingrati. Ebbene sì, sotto i nostri piedi un tempo era il mare e andando a fondo troveremmo argille, sabbie e ghiaie marine sulle quali le lave si deposero, si stratificarono, modellandosi e rimodellandosi per un tempo enorme fino a comporre i dolci declivi sì familiari al nostro sguardo. Una prima fase, compresa tra circa 630.000 e 360.000 anni fa, caratterizzata da eruzioni imponenti, compose un cono enorme dai piedi d’argilla che ricadendo su di sé originò l’enorme cratere ancora ben riconoscibile, alterato solo nel margine sud-occidentale dai laghi di Nemi e di Albano, frutti di esplosioni più tarde, e noto come caldera Tuscolano-Artemisia dal nome dei rilievi principi che la contengono. Tra le molteplici attività di questa prima fase, è da ricordare la formazione di una serie di coni di scorie, una sorta di comignoli secondari sui quali, appollaiati come nidi di cicogne, si ergono Monte Compatri, Colonna, Frascati, Monte Porzio e Rocca Priora. Dopo un breve intervallo, dal centro del cratere l’attività riprese in una seconda fase, che colmato il fondo della caldera, proseguì originando un edificio centrale (edificio delle Faete), il cui cratere sommale di circa 1,5 Km di diametro noto come Campi d’Annibale, comprende sul suo margine due coni secondari: Colle Iano a nord-est e Monte Albano (detto monte Cavo) a sud-ovest ai cui piedi s’inerpica Rocca di Papa. Tra la cinta esterna Tuscolano-Artemisia e l’edificio interno delle Faete si apre una vallata anulare definita Atrio, che comprende la Val Molara, la Doganella, il Vivaro, i Pratoni. Una terza fase, definita idromagmatica finale risalente a circa 40000 anni fa, ma esauritasi da appena 10000 anni (datazione radiometrica su lave del cratere di Nemi), fu caratterizzata da violente esplosioni innescate dallo scontro tra infiltrazioni idriche e tasche magmatiche residue, che non trovando sbocco dal cratere centrale ostruito, risalirono lungo camini laterali fino alla falda freatica; tali esplosioni hanno originato crateri eccentrici tra i quali i più famosi relativi ai laghi di Nemi e Albano, la valle Ariccia, la valle Marciana, Prata Porzia e Pantano Secco. Ad uno sguardo profano si direbbe che ogni velleità dei vulcani laziali sia sopita e che il vulcanismo attivo in Italia sia limitato ad un’area compresa tra l’Etna, le isole Eolie e il Vesuvio. Difatti un vulcano è classificato dai tecnici come spento quando non abbia manifestato attività eruttiva in tempi storici mentre è definito dormiente qualora non si manifesti da più di 10000 anni ma sia caratterizzato da periodi di quiete, fra due fasi eruttive successive, più ampi rispetto all’intervallo dall’ultima eruzione ad oggi e questo è proprio il caso del Vulcano Laziale. Fumarole, sorgenti termali e geyser assieme ad una costante attività tellurica testimoniano dell’energia che si agita sotto i nostri piedi ove ad appena 5 km di profondità vigono temperature ben superiori ai 350°C. E per concludere questo breve viaggio nel passato geologico, una suggestione tratta da un passo della Storia di Roma di Tito Livio: «Vinti i Sabini, mentre grandi erano la gloria e la potenza di Tullo e di tutto lo Stato Romano, fu annunziato al re e al senato che sui Monti Albani erano piovute pietre. Stentandosi a prestar fede alla cosa, la persone mandate ad osservare quel prodigio videro coi loro occhi cadere dal cielo una pioggia di pietre, non altrimenti che quando i venti riversano sulla terra una fitta grandinata. Parve anche di udire una gran voce proveniente dal bosco sacro sulla sommità del monte…».

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