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Da “Nostalgia” di Ermanno Rea un testamento morale per nuove cittadinanze…

Da “Nostalgia” di Ermanno Rea un testamento morale per nuove cittadinanze…
Ottobre 19
12:43 2024

Ermanno Rea pubblica Nostalgia nel 2016, anno della sua scomparsa. Leggi qui:

Da un libro all’altro: la ‘nostalgia’ di un’altra vita, di un’altra Napoli…

 

L’autore, attraverso le battaglie, le vittorie, le sconfitte di padre Rega e del gruppo del Monacone, della comunità tutta, la disillusione finale portata dagli uomini del solito capitalismo disfattista, attento solo a distruggere radici e ad avanzare nel profitto, lascia il proprio profondo testamento di artista e uomo in pagine, davvero, memorabili, archetipo per ogni proponimento umanista. Ed è a padre Rega che fa dire:

«In questi anni, disse, mi sono chiesto spesso in che modo e con quali modelli sociali ed economici sia possibile migliorare la qualità della vita di ognuno, come spazzare via l’attuale sistema che continua a governare da solo l’intera famiglia umana. Oggi il denaro, comunque e ovunque raccolto, è gestito da società finanziarie, che a loro volta sono controllate da altre finanziarie di ordine superiore. Tutte insieme, costituiscono un universo chiuso, del tutto separato della produzione e dalla realtà nella quale viviamo. La finanza trae profitto solo dalla circolazione del capitale, il quale si muove per il mondo in modo frenetico e in tempo reale, senza nessun controllo da parte dei governi, con l’unico scopo di ottenere il massimo guadagno. Per i burattinai al vertice di queste società, non ha più valore chi produce, né cosa si produce. Il mondo finanziario non ha a cuore né il bene comune né i reali bisogni dell’uomo. Fratelli, si tratta di una forma di tirannia. Un sociologo, di cui non ricordo più il nome, si è posto una domanda singolare: riusciranno il tè asiatico e la cultura religiosa e familiare che ne accompagna il rito a sopravvivere all’assalto della commercializzazione globale della Coca-Cola? Il pranzo di famiglia sopravvivrà al fast food? I nostri figli sono di necessità destinati a una spietata omologazione? Sono soltanto in apparenza punti di domanda: siamo dentro a una stretta assolutistica dalla quale dobbiamo uscire a ogni costo.

Ripetè tre volte queste ultime parole, ma con calma, quasi sillabandole. (…) Purtroppo, disse, la nostra Chiesa ufficiale non ci aiuta. Puntella il sistema con la sua autorità, anche se l’arrivo del nuovo papa sembra aver aperto un processo che potrebbe, in un futuro neppure troppo remoto, condurci a una lacerazione, a una spaccatura, isolando in maniera definitiva il peggiore degli estremismi: quello di centro, l’estremismo dei reazionari, dei moderati, custodi dell’eterno quaeta non movēre. (…)

Occorre tornare a riempire i mercati veri, quelli che nascono nelle piazze, in mezzo alla gente. Sono da sempre luoghi d’incontro delle persone uguali e libere, terreni fertili per lo sviluppo di una cultura comunitaria e cittadina. È all’interno di questi spazi concreti e multiformi che possono crescere le virtù civili, la vita relazionale, la civiltà dell’amore e la spiritualità. Si tratta, in fondo, di restare fedeli alla nostra grande tradizione che s’ispira a un’economia civile, capace di favorire un mercato comunitario e non capitalistico.

Ecco. Guidati da queste premesse, per noi della Sanità è stato quasi naturale fare impresa attraverso la cooperazione. Oggi questa modalità non può più essere vista come un’eccezione o, peggio, come una seconda scelta: va considerata la via maestra, l’unica in grado di ancorare l’agire economico alla reciprocità. (…)

Così, a un certo punto, mi sono venute alle labbra le parole di un economista, Stefano Zamagni, che individua la fraternità come «il più efficace veicolo, oggi, per affermare un modello di ordine economico che vada oltre la nota economia sociale di mercato, mirando piuttosto alla economia civile di mercato».

Ecco, la nostra comunità ha sperimentato la cooperazione, è andata oltre la semplice mutualità e gli attuali prìncipi della solidarietà, costruendo un nuovo ma nello stesso tempo antichissimo modello di condivisione quasi carnale. (…)

È necessario, riprese, che mi spieghi meglio. Vedete, fratelli, tramontate le aspettative egualitarie che hanno caratterizzato buona parte del secolo che ci siamo lasciati alle spalle, abbiamo visto l’ingiustizia – anzi l’Ingiustizia, con la maiuscola – trionfare incontrastata, sconvolgere il vecchio ordine socio economico con le sue dialettiche e spegnere ogni speranza di resurrezione delle grandi masse popolari, chiamate a pagare con sofferenze indicibili l’incontrollata avidità di un capitalismo sfrenato. (…) per molti, lo so, non esiste alternativa alla rassegnazione. Ma non per tutti. Non per noi. Non per me. Non è vero che non ci sono più vie d’uscita. Non è vero che il futuro è già tutto scritto e che la storia è arrivata al capolinea.»

 

La lunga citazione depurata volutamente dai richiami che don Rega fa alla chiesa, poiché il discorso può ritenersi valido anche per chi non crede, (e qui si parla di fratellanza ma anche di solidarietà), sembra richiamare ad una riflessione attuale anche ad otto anni dall’uscita di queste pagine. Alla vigilia dell’ingresso più preponderante dell’intelligenza artificiale nel mondo artificioso che già abitiamo, la quale conta molti profeti che, ovviamente, sanno fino ad un certo punto ciò che vanno dicendo attorno a questo nuovo ‘prodotto’ da pubblicizzare, (questo immaginario sintetico, del quale sono diffuse ampiamente solo le possibilità costruttive, avrà campo libero soprattutto nelle menti meno formate, con meno conoscenza, e meno avvezze a difendersi); e nei giorni in cui si comincia a chiedere all’opinione pubblica quanto è disposta a combattere una prossima eventuale guerra che si dovesse prospettare; queste e le letture a cui l’autore deve essersi ispirato, e a cui ci si può ispirare, il vissuto quotidiano e i peggiorativi intervenuti in questo ultimo decennio, chiamano a riflessione ed azione verso ciò che ognuno di noi può effettivamente comprendere ed agire nel recupero d’una esistenza ‘a misura di persone’. Che non debba lottare con i guasti prodotti anche da una pseudo cultura parallela, che ad alcuni appare più vera del vero, capace di proseguire indenne nella sua corsa alla creazione di modelli assurdi. (Serena Grizi)

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