Da Enea la ricetta per la crescita sostenibile
Nel workshop “Cibo ed Energia: un approccio sostenibile” organizzato da Enea l’11 dicembre 2009 a Roma nell’ambito delle manifestazioni per la giornata mondiale dell’alimentazione parte l’esortazione ad una gestione ottimizzata delle risorse, in un’ottica di superamento delle demagogie, il Commissario ENEA, Giovanni Lelli, in apertura dei lavori ha evidenziato che “le risorse alimentari prodotte dal pianeta non sono sufficienti ai bisogni di una popolazione in continua crescita. In una situazione di crisi economica globale e di emergenza ambientale ed energetica occorre rispondere con azioni concrete ed integrate nei territori più a rischio”.
Gli interventi sono stati organizzati sulla base di tre grandi tematiche: biotecnologie verdi, finalizzate all’aumento delle rese, alla riduzione degli antiparassitari, al contenimento degli impatti sull’ecosistema, (Eugenio Benvenuto, Enea; Emile Frison, Bioversity International); i sistemi innovativi di gestione delle filiere agroalimentare e agroindustriale, nell’ottica di sostenibilità, (Roberto Balducchi, Enea; Bruno Basso, Università della Basilicata; Massimo Iannetta, Enea, Daniele Rossi, direttore Federalimentare); lo sviluppo delle colture no food per fini energetici (Vito Pignatelli, Enea, e Gianpietro Venturi, Università di Bologna).
Le biotecnologie verdi cercano di assolvere un gravoso compito, non solo in campo biomedico con lo sviluppo di farmaci innovativi e nuovi vaccini, ma anche nel campo della produzione alimentare, rafforzando le speranze legate all’uso di tecniche di biologia molecolare sempre più raffinate, che offrono nuove opportunità e soluzioni a problemi quotidiani. Eugenio Benvenuto ha spiegato come i progetti di sequenziamento del genoma possano spiegare la grande adattabilità ad ecosistemi molto diversi tra di loro. Lo sviluppo delle tecnologie di trasformazione genetica delle piante consente di pianificare modificazioni per migliorare il valore nutrizionale delle stesse. È questo un contributo che ha spiegato Frison sta palesando nuove strade per la lotta alla denutrizione nelle aree depresse del mondo, soprattutto in Africa. L’apporto delle proteine migliora l’alimentazione e quindi anche la qualità della vita.
L’applicazione delle tecnologie ha consentito di raggiungere la capacità di mappatura delle proteine stesse – ha sottolineato Bruno Basso, Università della Basilicata e docente alla Michigan University. “Studiare la loro evoluzione ci consente di capire l’attività e l’origine delle proteine attuali, ma permette anche ai ricercatori di “evolvere” proteine utili in laboratorio. L’agricoltura di precisione, titolo della sua relazione, significa – secondo un motto americano che ha coniato il termine – fare la cosa giusta, nel posto giusto, in un tempo giusto, senza alcuno spreco. I risultati positivi dall’introduzione di questo tipo di approccio riguardano: l’aumento di produzione e della qualità dei prodotti, l’uso efficiente degli input con conseguente aumento del profitto, tutela della risorse naturali e tracciabilità dei prodotti. È molto importante la fase preliminare di raccolta dei dati che può avvenire sia secondo le tecniche del remote sensing (telerilevamento) e di quelle di campionamento. Questo approccio colturale richiede comunque interventi di alta tecnologia e della robotica nello specifico. Questo infatti rappresenta anche un limite al suo sviluppo su grande scala per gli importanti investimenti iniziali, mentre non è un limite la frammentazione territoriale. Con l’agricoltura di precisione è anche possibile fare la mappatura del reddito netto”. Cosa significa? “Analizzare la produttività in termini economici di una stessa cultura su diversi siti. È evidente che le aree indicate in rosso (per esempio) sulla mappa sono quelle che danno un basso reddito, pertanto gli agricoltori possono orientarsi diversamente a parità di caratteristiche dei terreni agricoli”. Le tecnologie innovative trovano applicazioni strumentali avanzate (Laboratori Specialistici, Complessi Impiantistici, Centri Dimostrativi) presso Agrobiopolis di Enea in Trisaia. Un fiore all’occhiello dell’Agenzia finalizzato a ricerche sulle tecnologie per la qualità e la sicurezza degli alimenti e il trasferimento tecnologico alle imprese in stretta sinergia.
“Produrre per finalità energetiche rappresenta l’alternativa al petrolio” – ha spiegato Pignatelli – “I biocarburanti costituiscono oggi l’unico sostituto diretto dei combustibili fossili nel settore dei trasporti disponibile su scala significativa”. I biocarburanti maggiormente prodotti oggi sono: miscele di esteri metilici derivati da oli vegetali e/o grassi animali (FAME), comunemente note con il nome di biodiesel; alcool etilico (bioetanolo), ottenuto da colture zuccherine o amilacee, e suoi derivati di sintesi chimica come gli eteri etil ter-butilico (ETBE) ed etil ter-amilico (TAEE); oli vegetali (in misura ridotta) e biogas. I potenziali vantaggi di una “seconda generazione” di biocarburanti sono rappresentati da: produzione da materie prime non destinabili al mercato alimentare (residui o colture dedicate lignocellulosiche, oli e grassi di scarto, colture di microalghe ecc.); migliore bilancio energetico e impatto ambientale (degradazione dei suoli, consumi idrici, riduzione emissioni CO2); nuove tipologie di processi a carattere fortemente innovativo (biotecnologie, sintesi catalitica ecc.) con potenziali benefici in termini di sviluppo ed esportazione di know-how. Venturi molto critico ha ricordato che “gli impegni non vengono rispettati in particolare da alcuni Paesi responsabili di elevate quote di emissioni. Ad. es. gli USA, con oltre il 20% delle emissioni globali, hanno avuto un incremento del 16% nel periodo 1990-2005. La situazione generale è aggravata dal fatto che alcuni Paesi sono esclusi da obblighi. Ad es. la Cina, che probabilmente ha già superato le emissioni degli USA. Gli impegni disattesi comportano notevoli sanzioni. Per l’Italia, per esempio, ammontano a 42 euro al secondo (3,6 milioni di euro al giorno) e a fine dicembre 2009 la somma supererà i 2,5 miliardi di euro – dati alla mano di Venturi – nell’U.E. potenzialmente sono adatti ad una conversione in foreste o colture energetiche quasi 340 milioni di ettari, pari a circa l’88% della superficie agricola totale e nel 2030 disponibili 30 milioni rispettando il paradigma “prima il cibo”. Per raggiungere l’obiettivo fissato al 2020 per i biocarburanti, nell’UE-27 sono sufficienti solo 10-12 milioni di ettari. Mancano le superfici o manca l’applicazione di una tecnica corretta? O peggio ancora manca capacità di scelte coraggiose?
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