Da chi è partita la minaccia di strage?
Il pm Di Matteo è impegnato a Palermo nel processo agli ex ufficiali del Ros dei Carabinieri Mario Mori e Mauro Obinu per la vicenda della mancata cattura nell’ottobre 1995 del boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano. In aula durante la requisitoria ha detto che la mancata cattura è da vedersi come la più “significativa cambiale” pagata dallo Stato nel contesto della trattativa con Cosa Nostra.
Il primo a parlare di trattativa – ricordiamo – fu Massimo Ciancimino, figlio del sindaco mafioso di Palermo. Oggi i due ex ufficiali sono accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia perché sapevano che il boss si trovava in un casolare di Mezzojuso e non dissero nulla – secondo Di Matteo – «in esecuzione di pregressi accordi con le istituzioni.» Questo accadeva ieri quando la mafia temeva i cambiamenti politici dopo Tangentopoli, con la prospettiva di perdere le coperture istituzionali. Oggi la storia sembra ripetersi: la mafia teme, con il cambio della classe politica, che siano a rischio i propri affari criminali che si aggirano sui 140 miliardi. Così si spiegherebbe il fatto che qualcuno ha inviato al pm Di Matteo, impegnato nel processo sulla trattativa Stato-Mafia, una lettera con su scritto «Questo Paese non può finire governato da comici e froci». Nella lettera si annuncia pure un ‘botto’, una bomba entro maggio, tutto con l’assenso del boss latitante di Trapani Matteo Messina Denaro. Il regno di quest’ultimo potrebbe scricchiolare se non fosse più garantito dalla politica. E gli italiani hanno dato prova di voler cambiare la politica.
Certamente Beppe Grillo dà fastidio alla mafia perché vuole una legge anticorruzione veramente efficace, così pure lo vorrebbero Crocetta, governatore di Sicilia, e Vendola, governatore di Puglia. Il Ros dei Carabinieri non ha sottovalutato la minaccia soprattutto per Grillo, ma non può imporgli la scorta che non vuole. Secondo Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso dalla mafia, la lettera di annuncio di una strage non sarebbe stata scritta proprio da mano mafiosa, bensì da chi della mafia si è servito sino ad oggi, in quanto la mafia non minaccia ma esegue le sentenze di morte. Ciò che è importante sottolineare – secondo il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato – è che fino a ieri «il governo dei tecnici con la sua legge anticorruzione, tanto inefficace quanto inutile, non ha davvero spaventato nessuno». Infatti – sostiene Scarpinato – nella legge approvata nel 2012 la prescrizione è così breve che produrrà la morte per molti reati dei colletti bianchi; la pena della concussione per induzione è diminuita; le intercettazioni spesso non saranno consentite. Si chiede il procuratore Scarpinato se è chiaro ai nostri governanti che l’illegalità è diventata la principale causa della crisi economica, visto che ci sono 500/700 miliardi di euro di capitali all’estero, più 180 miliardi di evasione e corruzione. E la politica, invece di tagliare questi costi per lo Stato, taglia i costi dello stato sociale. I beni pubblici vengono smantellati con le privatizzazioni, svendendoli a cordate di imprenditori che privatizzano i profitti e socializzano le perdite (con le bad company). Ma allora chi salverà l’Italia? Chi sinora l’ha portata sull’orlo del baratro? Io non credo che saranno le oligarchie di partito a salvare il Paese! Ci vorrebbe più azione popolare, come sostiene Salvatore Settis nel suo ultimo libro Azione popolare. Cittadini per il bene comune (Einaudi).
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