I custodi del Paradiso
Sono uomini e donne appassionati, non temono il freddo e la fatica, dal lavoro dei guardaparco dipende la salvaguardia e il monitoraggio dell’area protetta più antica d’Italia, il Parco Nazionale Gran Paradiso.
Era il 5 agosto 1947 quando un decreto legislativo istituiva l’Ente Parco Nazionale del Gran Paradiso, l’organo a cui è affidata la gestione del Parco nazionale Gran Paradiso (area protetta costituita con un regio decreto-legge il 3 dicembre 1922): il braccio operativo dell’Ente sul territorio era, ed è ancora oggi, composto dai guardaparco, a cui è affidata la protezione e la salvaguardia del Parco e che nel 2017 festeggiano il settantennale dell’istituzione.
E proprio il Corpo di Sorveglianza, creato nel 1947, è in qualche modo la prosecuzione ‘naturale’ delle Gua rdie Reali, figure istituite con la nascita della Riserva Reale di caccia del 1856; in questo senso non è un caso che il PNGP sia, insieme al Parco d’Abruzzo, l’unico parco ad avere un corpo di sorveglianza: sin dagli albori del Parco Nazionale Gran Paradiso infatti, c’è sempre stata la necessità di tutelare il patrimonio naturalistico dell’area, vera grande ricchezza di quest’angolo di arco alpino.
In questi 70 anni, il lavoro attento e costante dei guardaparco ha evitato l’estinzione dello stambecco, animale simbolo del PNGP, ha permesso la salvaguardia della straordinaria biodiversità che abita le valli del Gran Paradiso, ha contrastato il fenomeno del bracconaggio attraverso un monitoraggio quotidiano e ha offerto un servizio attento e puntuale alle comunità locali e ai turisti.
Oggi i guardaparco sono 60 fra uomini e donne e il loro servizio si svolge “dall’alba al tramonto”, secondo il ritmo della natura che preservano. Di centrale importanza il monitoraggio degli habitat e della biodiversità, che consente una conoscenza approfondita del territorio e che è la v era forza su cui si basa tutta l’attività di conservazione e gestione del Parco. Nella loro attività quotidiana, i guardaparco sono spesso accompagnati dai loro cani, compagni fedeli e utilissimi in molte occasioni, come il reperimento di animali feriti e l’individuazione e il soccorso di vittime delle valanghe. Importante il ruolo a supporto della ricerca scientifica svolto dall’Ente Parco con la partecipazione diretta alle attività insieme al Servizio scientifico dell’Ente ed i suoi ricercatori.
I guardaparco sono anche ambasciatori del Parco: svolgono infatti attività di educazione ambientale, spesso rivolta alle scuole, utili a sensibilizzare le nuove generazioni al rispetto e all’educazione nei confronti della natura.
Ma dove dormono i guardaparco quando sono in quota? Nei casotti, una quarantina di strutture in quota -spartane ma dotate di tutti i servizi essenziali- dove le guardie trascorrono le notti in cui sono in servizio, appoggi logistici indispensabili per il controllo e la ricerca scientifica, in un parco caratterizzato da notevoli dislivelli fra i fondovalle e le vette.
Nel periodo invernale i guardaparco svolgono anche attività di monitoraggio in quota: i rilievi nivo-metereologici, i controlli delle fronti glaciali e le verifiche delle attività valanghive richiedono, oltre a specifiche conoscenze tecniche, capacità di spostamento anche in condizioni meteo proibitive.
Ma non importano le condizioni metereologiche, perché i guardaparco non si fermano mai: dal loro lavoro e dalla loro presenza continua e discreta dipende infatti la sicurezza del PNGP, un’area dove gli equilibri naturali sono fragili e necessitano di protezione e monitoraggio costanti.
Qualche curiosità
• Il calendario 2017 del PNGP è interamente dedicato alla figura del guardaparco: disponibile in formato da tavolo 11×16 cm al prezzo di 6 euro e da muro (formato chiuso A4, aperto A3) a 9 euro, il calendario è in vendita presso le sedi del Parco di Torino ed Aosta e nei centri visitatori
• Perché lo stambecco è stato scelto come simbolo del Parco? Perché è stata proprio questa specie la prima ad essere interessata dalle attività di protezione nel territorio del Gran Paradiso, orami 161 anni fa.
• Un tempo il sistema tradizionale per l’osservazione della fauna consisteva nell’appoggiare il cannocchiale al bastone tipico denominato ‘canna’; oggi vengono utilizzati i più comodi e agili binocoli, accessorio insostituibile per lo svolgimento dell’attività di osservazione e monitoraggio degli animali.
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