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Critica alla società dei consumi – Il malessere definito benessere ed il “rifiuto” necessario

Maggio 25
17:47 2020

Ormai non passa giorno in cui non vengono mostrate foto di isole galleggianti nell’oceano composte da rifiuti di plastica ed affini, poi ci sono le montagne di RSU scaricate in cave e pertugi sotterranei, senza trascurare i cosiddetti “rifiuti vaganti”, ovvero le lattine, buste, cicche,  a cui recentemente si sono aggiunte mascherine e guanti sanitari, etc. abbandonati lungo le strade e nelle campagne.  Stiamo costruendo una nuova superficie per il nostro pianeta: una pelle cosparsa di un belletto insidioso e putrido, le deiezioni della nostra società dei consumi.

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Come superare questa situazione?

Abito a Treia, una amena cittadina marchigiana. Mi trasferii qui una decina di anni fa, non solo per la sua bellezza architettonica e paesaggistica, ma anche per aver apprezzato la pulizia delle sue strade e dei suoi giardini. Purtroppo nel tempo le cose son cambiate, ed in peggio… Ora anche qui la sporcizia regna sovrana.  Ho cercato in tutti i modi di sensibilizzare la popolazione e le amministrazioni a prendersi maggiore cura del luogo, con pochi risultati. Ho lanciato appelli per organizzare gruppi di cittadini volenterosi  che si attivassero per raccogliere rifiuti abbandonati nel borgo. Io stesso spesso camminando per strada raccolgo cartacce pubblicitarie abbandonate e contenitori vuoti di sigarette o di altri  residui del “benessere”, ma ciò evidentemente non basta… 

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Non basta a Treia e nemmeno nel resto d’Italia. Non basta la cosiddetta raccolta differenziata né l’ipotetico “riciclaggio”, che  in realtà quasi tutto va a finire comunque in discarica o incenerito, poiché in Italia non esistono veri impianti di riciclaggio. Eppure le istituzioni non vanno oltre all’ideare nuove discariche o inceneritori o finto riciclaggio. Di diminuzione della produzione dei rifiuti nessuno ne parla, perché va contro “la crescita”.

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Il discorso è vecchio e già da parecchio tempo è stato portato ai vari tavoli di concertazione, sia da noi che da altre associazioni, di fatto le soluzioni amministrative sono rimaste ferme al solito sistema del palliativo posteriore, di prevenzione non se ne parla…

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A questo punto inserisco una mia considerazione sulla necessità di partire dalla consapevole e personale azione di ognuno di noi, faccio esempi pratici: rinunciare alle bustine di plastica e girare con una borsa, rifiutare imballi superflui, reperire il proprio cibo direttamente dai produttori locali, interrompere l’uso smodato di elettrodomestici, lavorare con le mani, stare meno davanti al computer e televisioni e di più nei boschi… 

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La battaglia contro la produzione dei rifiuti e gli sprechi energetici deve partire dalla casa di ognuno, dalla consapevole e personale azione di ognuno di noi. Non posso far a meno di affermare che se non iniziamo da noi stessi il processo non parte. 

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Ad esempio la mia produzione di rifiuti si limita quasi esclusivamente al materiale organico, che teoricamente viene utilizzato per produrre compost (in verità non ne sono sicuro poiché molti utenti gettano nell’organico anche rifiuti non degradabili e quindi il compost ricavato è di pessima qualità, tanto che per smaltirlo l’azienda deve pagare qualche proprietario terriero per cospargerlo sui campi).

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Ma andiamo avanti. Non acquisto quasi più giornali, se me ne serve qualcuno per accendere il fuoco lo recupero usato in qualche bar, raccolgo le cassette di legno della frutta buttate dai negozianti, utilizzo per bere od altri usi solo l’acqua del rubinetto, non acquisto prodotti con grossi involucri, etc. Qualcuno pensa che mi comporto così perché son povero e non mi posso permettere lussi, in realtà non saprei che farmene dei cosiddetti lussi visto che sto bene così… e chissà se questa stessa semplicità di vita non sia quella giusta per finalmente far pace con se stessi e con la Terra.

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Andiamo sul concreto e dimostriamo con dignità umana che è possibile per ognuno di noi abbassare il livello del consumismo e della produzione rifiuti, cambiamo abitudini alimentari, interroghiamoci sul “necessario” per una vera qualità di vita. Se ritorniamo ad essere modesti come i monaci francescani, od i bikku buddisti, che vivevano ecologicamente, salveremo noi stessi dallo sfacelo e veramente potremo salvare il mondo, non “questo” ovviamente ma quello della Civiltà Umana.

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