Crimine Infinito di Cristiano Barbarossa e Fulvio Benelli
Crimine Infinito di Cristiano Barbarossa e Fulvio Benelli (Fandango, pp. 575, € 21) è un romanzo corposo e avvincente che, sotto le “mentite spoglie” del poliziesco, racconta con acume e disincanto l’Italia di oggi: un paese che sta dimenticando l’eredità dei padri e che non sa pensare al futuro dei figli; ma senza passato e futuro siamo come le bestie, si legge all’interno.
I due autori, che sono anche giornalisti, sceneggiatori e registi di film e documentari, hanno lavorato anni per costruire questa storia, ispirandosi a fatti realmente accaduti e assemblando in un unico mosaico le tante pagine d’indagine dei vari processi giudiziari a carico della ‘ndrangheta; processi celebrati tra la Lombardia e la Calabria nei primi anni 2000, dopo la strage di Duisburg.
Quel che ne è venuto fuori è quasi un genere a sé stante – fiction pura ma anche saggio giornalistico – un libro che ha il merito di prendere la cronaca ed elevarla, consegnandola alla Storia, come deve fare la letteratura civile, quella di denuncia.
Con il suo stile asciutto ma al tempo stesso polifonico, il romanzo conquista il lettore grazie alla potenza espressiva, all’intreccio e ai significati sottesi che si delineano nella lettura. Il tutto senza rinunciare a essere popolare, nell’accezione più nobile del termine.
Il protagonista è Andrea Delvento, un calciatore lombardo di serie C che, dopo un incidente d’auto, si ritrova a fare i conti con le difficoltà della vita di tutti i giorni, proprio mentre intorno a lui deflagra la crisi economica, quella del 2007, che ha costretto tanti (ma non tutti) a dover rivedere le proprie prospettive.
Mosso dall’ira, dal risentimento per le opportunità negate, e animato da un’ambizione che non vuole soccombere, Andrea si ritrova quasi per inerzia a imboccare i sentieri della malavita. Anche perché tutte le altre porte sono sbarrate. È così che, passo dopo passo, finisce per affiliarsi alla ‘ndrangheta, giurando fedeltà a Raffaele Rosario, un potente padrino della Lombardia che intanto sta covando in segreto il suo disegno: staccarsi dalla Calabria per dare vita a una ‘ndrangheta indipendente nel nord Italia.
La faida è dietro l’angolo, nonostante giornali, politica e magistratura continuino a ripetere che il problema della criminalità organizzata al nord non esiste.
In questo contesto arroventato, come un deus ex machina, a indagare arriva a Monza dalla Sicilia (anche se è viterbese) il colonnello dei carabinieri Alberto Ricci, un uomo “normale” che spinto dal solo senso del dovere trova un filo e con quello prova a sbrogliare l’intera matassa.
Anche se, in questa storia, scoprirà che non è facile distinguere il bene dal male, perché ovunque si guardi ci si imbatte in una zona grigia che non si sa dove inizi né dove finisca.
Con una struttura narrativa dalla cadenza “filmica”, Crimine Infinito racconta anche di altre vicende: quella di un imprenditore brianzolo e di sua moglie, la storia di una cassiera del supermercato, quella di una ex modella dell’est in odore di servizi segreti, la scalata al potere di un boss calabrese sulle orme del padre, le disavventure di un giovane giornalista di Reggio Calabria e altri ancora che vengono risucchiati a poco a poco in un’unica spirale che verso il sorprendente finale finisce per collegare tutti.
Tutti, anche noi che leggiamo, perché ciò che più preme agli autori è dirci che nessuno è fuori dal gioco, e quelli che si credono estranei ai fatti sono invece anche loro in pericolo, e in qualche misura anche loro colpevoli.
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