Coscienze vaganti e salvadanai selvaggi
Non è più sufficiente prendere in giro una legge, addirittura è lecito ribaltare la logica, la cultura, la stessa responsabilità di ognuno. Sì, perché se colpa c’è, se qualcuno ha infranto una regola, quello è il cane, l’essere vivente che non vuole essere poliglotta nonostante il terzo millennio, certamente l’ingiusto non è l’uomo, l’essere umano, il buon cristiano. Quanto accaduto a quel bambino in un paese della cintura catanese – sbranato dai cani randagi – è terribile, non è semplice farsene una ragione accettabile, non è facile essere sereni di fronte a uno scempio così devastante, gli occhi rimangono bassi, fanno fatica a risollevarsi, sfuggono la realtà della carne fatta a pezzi, degli anni giovani impattati alla fine scellerata. Cani randagi, cani inselvatichiti, cani senza collare, cani allevati per i combattimenti, cani senza padrone, almeno fino al prossimo tradimento che farà di nuovo male al cuore. Randagi alla mercé della fame, della reazione istintuale, piccoli e grandi, di tanti incroci e una sola razza, quella degli abbandoni e dei bisogni presi a calci, buttati sulla strada, spesso su una autostrada di speranze giunte a termine. Cani asserviti all’uomo, dipendenti persino nell’abbaiare, padroni ipnotizzati dall’amore melenso per se stessi prima ancora che del proprio amico animale, ridotto a sopravvivere dentro le gabbie delle parole, che autorizzano a disperderli sul territorio, dove vengono meno le responsabilità di una intera società, che non prende in considerazione l’esplosione demografica degli animali, la trasformazione degli stessi in oggetti.
Gli stessi luoghi di contenimento trasformati in salvadanai selvaggi, gli allevamenti sempre meno consoni al valore dell’accoglienza, sempre più prossimi alle cucciolate moltiplicate e moltiplicanti la sordità dell’attenzione di chi si candida a salvatore o carnefice della propria creatura animale, dei bambini e delle persone che ne subiscono il prezzo da pagare, per l’incuria e per l’inganno dei comportamenti umani che fanno dell’essere adulto, della persona matura, proprietari di cani altamente irresponsabili, individui maggiorenni sulla carta di identità, contraffatta dall’esistenza ininterrotta da adolescenti, un’età delle sciocchezze perennemente gravida.
Ma quanti ricoveri veri o presunti ci sono sul nostro territorio? Quanti sono gli allevamenti certificati? Quante sono le agenzie di controllo e prevenzione? Quanti sono gli addetti operativi che monitorano, indagano, intervengono, affinché il rischio dei morsi sia meno opprimente, e le certezze di più amore e attenzione per tanti animali amici risultino meglio distribuite? Questa ennesima tragedia, come le precedenti che non sono servite di alcun monito, non eviterà di elargire giudizi, interpretazioni, condanne e pressanti richieste di galera per qualcuno, innocente o colpevole che sia, in fin dei conti quel che conta sta nel ripetere gli stessi errori, le identiche incaute menzogne, tralasciando di investire energie e risorse importanti, per informare correttamente sull’uso e abuso dei nostri amici a quattro zampe, soprattutto su una incultura prettamente italica, che non mostra mai di cosa è capace veramente di fare l’essere umano a un essere animale.
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