Cosa sono i C.P.T.
Istituiti nel ‘98 dalla legge sull’immigrazione Turco Napolitano (art. 12 della L 40/’98), i Centri di Permanenza Temporanea sono strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno. In base all’art. 14 del T.U. 286/1998, come successivamente modificato dalla legge Bossi Fini (L 189/2002), il trattenimento nei CPT viene disposto dal Questore per un tempo di 30 giorni, prorogabile di altri 30 “quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento perché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo”. Nonostante i cittadini stranieri si trovino al loro interno con lo status di trattenuti o ospiti, la loro permanenza nella struttura corrisponde di fatto ad una detenzione, in quanto sono privati della libertà personale e sono sottoposti a un regime di coercizione che, tra le altre cose, impedisce loro di ricevere visite e di far valere il fondamentale diritto alla difesa legale. I Centri inaugurano in Italia lo stato della detenzione amministrativa, sottoponendo a regime di privazione della libertà personale individui che hanno violato una disposizione amministrativa, come quella del necessario possesso di permesso di soggiorno, violazione che non è equiparata a reato. Il loro funzionamento è di competenza del Prefetto, che affida i servizi di gestione della struttura a soggetti privati, responsabili del rapporto con i detenuti e del funzionamento materiale del centro. Le forze dell’ordine presidiano lo spazio esterno delle strutture e possono entrare nelle zone dove vivono i detenuti solo su richiesta degli enti gestori in casi eccezionali e di emergenza. Ad amministratori di enti pubblici, giornalisti, operatori di organizzazioni per i diritti dell’uomo e garanti per i diritti delle persone detenute è vietato loro l’accesso. Solo deputati e senatori, previa autorizzazione prefettizia, possono visitarli.
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