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Convegno in memoria dei martiri delle foibe

Aprile 08
13:54 2010

Li considerano “nemici del popolo”. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti e gli italiani. La persecuzione prosegue anche dopo la primavera del 1947, quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Il dramma degli istriani e dei dalmati quindi non finisce. Nel febbraio del 1947 l’Italia ratifica il Trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l’Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Circa trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non portano nulla con sè, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia una grande accoglienza. La sinistra italiana li ignora: non suscita solidarietà chi sta fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell’URSS, in cui si è realizzato il sogno del socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è, del resto, la ragione per cui il PCI non affronta il dramma, appena concluso, degli infoibati. Ma non è solo il PCI a lasciar cadere l’argomento nel disinteresse. Come ricorda lo storico Giovanni Sabbatucci, la stessa classe dirigente democristiana considera i profughi dalmati “cittadini di serie B” e non approfondisce la tragedia delle foibe. I neofascisti, d’altra parte, non si mostrano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della seconda guerra mondiale nei territori istriani. Fra il 1943 e il 1945 quelle terre sono state sotto l’occupazione nazista, in pratica sono state annesse al Reich tedesco. Per quasi cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta “perché è stata ignorata per molto tempo”. Il 10 febbraio del 2005 il Parlamento italiano ha dedicato la giornata del ricordo ai morti nelle foibe. (www.lastoriasiamonoi.rai.it)
A Monte Compatri, in una sala gremita, quei giorni e quella tragedia sono stati ricordati nel convegno dello scorso 20 febbraio in memoria dei martiri delle foibe e degli esuli giuliano-dalmati e del martire Palatucci. Ha fatto gli onori di casa l’Assessore, Ing. Patrizio Ciuffa, ed hanno aperto i lavori il Sindaco di Monte Compatri, avv. Marco De Carolis ed il Vicesindaco, avv. Fabio D’Acuti. In interventi brevi ed obbiettivi hanno posto l’accento sull’oblio che Istituzioni e politica hanno troppo a lungo fatto calare sulla vicenda di questi sventurati italiani. Hanno anche comunicato che il Consiglio Comunale ha deliberato di intitolare una strada al 10 febbraio “Giorno del ricordo”.
Considerazioni condivise da Guido Cace, Presidente Associazione Nazionale Dalmata, che con grande calore ha ricordato storia e numeri dell’eccidio.
Ha proseguito l’Ispettore-Sups Giovanni Roberti che con spirito di corpo ha presentato la figura di Giovanni Palatucci, Medaglia d’Oro al valor civile, “ultimo Questore di Fiume” il quale nel corso della seconda guerra mondiale, sacrificò in silenzio la vita per salvare migliaia di ebrei innocenti.
Del martire ha parlato poi il Padre Franco Stano, illustrando con partecipazione e sicura scienza il cursus di beatificazione del Palatucci, da tempo avviata.
È intervenuto poi Gianclaudio De Angelini, Vicepresidente dell’Associazione per la cultura Fiumana, Istriana e Dalmata del Lazio, disegnando efficacemente il profilo storico degli eventi ricordati e le problematiche ancora attuali dei profughi dalmati e dei loro discendenti. Molto sentito il ricordo degli eventi che hanno vista coinvolta direttamente la sua famiglia.
Di seguito la Professoressa Maria Luisa Botteri, dell’Associazione Nazionale Dalmata, ha illustrato i progetti scolastici legati alle Foibe ed agli esuli Giuliano-Dalmati, terminando con l’affermazione, fortemente condivisa, che i lavori con i ragazzi delle nostre scuole sono ispirati al principio che sia necessario perpetuare il ricordo per scongiurare il riproporsi in futuro di simili atrocità.

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