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CONTRASTARE IL DECLINO DEL PAESE E DEI CASTELLI ROMANI

CONTRASTARE IL DECLINO DEL PAESE E DEI CASTELLI ROMANI
Settembre 28
14:08 2022

 

Dopo le elezioni del 25 settembre 2022 è bene fare qualche riflessione sul nostro futuro.

Nella campagna elettorale sono state fatte promesse più o meno mirabolanti come un milione di alberi, la tassa piatta che avvantaggerebbe i redditi più alti, 1.000 euro per tutti, trascurando di specificare come sarebbero state coperte le relative spese. Analisti autorevoli hanno fatto i conti e si trattava di decine di miliardi di euro che il paese non ha.

I politici hanno sbagliato tutto? Di fatto, secondo la loro logica, no. I candidati sanno bene che per acchiappare i voti devono promettere quello che il popolo chiede senza andare per il sottile nel vedere come stanno veramente le cose e, soprattutto, senza andare a verificare se le promesse potranno essere mantenute. Questo fenomeno lo ha spiegato bene Berlusconi più di vent’anni fa: gli elettori sono come scolari di quinta elementare – e tragicamente non era lontano dalla realtà. Una prova di ciò si è avuta con il successo dei 5S nelle elezioni nel Meridione, successo legato alla promessa di ulteriore assistenzialismo attraverso il reddito di cittadinanza – che poi l’onere finanziario andasse a carico delle regioni “produttive” del Nord non interessa. Si ripercorre a decenni di distanza la strategia politica di Achille Lauro a Napoli che alla vigilia delle elezioni distribuiva pacchi di pasta e una scarpa (l’altra scarpa la dava una volta verificato che l’elettore aveva votato “bene”).

Questo rapporto malato tra politica e cittadini non è più sostenibile e finalmente è venuto il momento di mettere le carte sul tavolo.

Il paese veleggia verso i tremila miliardi di euro di debito pubblico, e non è fallito perché quel debito è di fatto garantito dai tedeschi, è posseduto per almeno il 10% dai francesi, è finanziato dalla Banca centrale europea, e dalla Commissione di Bruxelles. L’Italia ha tutti i record negativi d’Europa: fa meno figli e ha meno abitanti e donne al lavoro, ha più evasori e più giovani che il lavoro non lo cercano, non riesce a spendere soldi pubblici in cantieri, progetti, infrastrutture ma solo in sussidi, ha bassi livelli di scolarità e di investimento in ricerca e innovazione. Siamo un Paese con grandi problemi, in declino non soltanto economico ma sociale, etico e morale.

La scommessa del nuovo governo di centrodestra è dunque quella di farci uscire dalla palude e di invertire la rotta: la nuova leadership riuscirà ad introdurre le profonde modifiche strutturali che i governi precedenti non sono riusciti a realizzare? A tal proposito si possono avanzare parecchi dubbi – in più vi sono preoccupanti venti di sovranismo e di legami non del tutto recisi con il fascismo. Per mantenere una rotta decente il paese deve mantenersi saldamente legato all’Europa, adoperandosi per migliorarla e non per picconarla, e alla NATO.

Le elezioni hanno mostrato una classe dirigente del paese mediocre e rissosa, sostanzialmente inadeguata ad affrontare un futuro pieno di pericoli e di incognite. Nella campagna elettorale temi fondamentali quali il futuro della Terra sono stati accuratamente evitati, considerati forse troppo ansiogeni. Ma tutti sappiamo che stiamo per entrare in un periodo di ulteriore crisi dovuta alla guerra (che ci riguarda direttamente), all’aumento delle bollette, alle fonti energetiche, financo alla minaccia di una guerra nucleare. Una classe dirigente all’altezza della situazione avrebbe detto ai cittadini che non possiamo più continuare con un consumismo sfrenato, che è ora di ridurre i consumi, evitare gli sprechi. Non arrivare a quanto disse Winston Churchill il 13 maggio del 1940 nel discorso di insediamento del governo “Non posso promettervi altro che sangue, fatica, lacrime e sudore”, ma almeno evocare i problemi ritenendo di avere a che fare con persone adulte. Sembra che l’unico leader che parla con schiettezza e coraggio di queste cose sia papa Francesco ma, purtroppo, non dispone delle divisioni di soldati, evocate da Stalin, che potrebbero imporre con la forza comportamenti più rispettosi del rapporto tra uomo e natura. Al contempo dobbiamo registrare che il patriarca miliardario Kirill sprona i russi a morire per una guerra di invasione con la promessa del paradiso (in questo caso Marx avrebbe parlato di religione oppio dei popoli).

In questo quadro, certamente non entusiasmante, la situazione nei Castelli Romani non è affatto incoraggiante. I leader locali, ma in generale la classe dirigente, non mostrano di avere la capacità di governare una difficile transizione, di indicare la strada da seguire – in inglese lead significa guidare, dare una prospettiva e una speranza. Si continua a non dare segnali chiari ed espliciti alla cittadinanza che molte cose stanno per cambiare – e dovranno cambiare. Dovrebbero essere elaborati piani su tutti i fronti della convivenza civile, per esempio per incentivare il risparmio nell’illuminazione e nel riscaldamento degli ambienti, per ridurre il traffico veicolare, per sostenere davvero chi è in difficoltà, per mettere in campo infinite modalità volte a rendere la vita meno difficile in un contesto che sarà caratterizzato da un cambio di paradigma, ma non si vede nulla al riguardo.

Viene alla mente l’esortazione di Nanni Moretti rivolta a Massimo D’Alema “Di’ una cosa di sinistra… una cosa anche non di sinistra… una parola di civiltà… qualcosa!

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