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Consenso matrimoniale, sacramentalità e riconoscimento sociale

Consenso matrimoniale, sacramentalità e riconoscimento sociale
Aprile 10
22:00 2014

Nel processo di formazione del consenso e nel suo riconoscimento, gli sposi vanno aiutati a far sì che la loro decisione di sposarsi corrisponda al progetto divino sul matrimonio, cioè “di impegnare nel loro irrevocabile consenso coniugale tutta la loro vita in un amore indissolubile ed in una fedeltà incondizionata”.
La preparazione al matrimonio e la forma di celebrazione sono l’occasione affinché gli stessi sposi possano accertare l’esistenza di tale corrispondenza, dimodoché, se ammessi alla celebrazione, abbiano una garanzia dell’autenticità del loro consenso e, se non ammessi, si possa concludere che non è il pastore ad escluderli, ma sono essi stessi ad impedire quella celebrazione che pure domandano. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si segnalano diversi motivi, oltre la necessità di dare certezza al consenso dato, per i quali la Chiesa continua a richiedere la forma canonica di celebrazione: il fatto che il matrimonio è un atto liturgico, che introduce un ordine ecclesiale e che l’accertamento sociale protegge il “Sì” una volta dato e aiuta a rimanervi fedele. La manifestazione del consenso tra i contraenti non consiste nell’esteriorizzazione dei consensi già esistenti individualmente in ognuno dei coniugi, ma nella formazione, in termini sensibili, del comune consenso come unità duale, che fonde le due volontà interne, diverse e complementari. Il patto esterno costituisce un aspetto inseparabile della volontarietà interna di sposarsi, e anzi tale comunicazione sensibile e corporea, operata col segno nuziale, fa parte dello stesso consenso. Vi sono dunque due momenti, la volontarietà e la sua manifestazione, di una stessa realtà: il consenso efficiente. D’altra parte, l’essenziale formalità è richiesta anche dalla natura immediatamente sociale del consenso matrimoniale. Il consenso, infatti, non vincola i coniugi soltanto di fronte a se stessi: è un impegno rivolto all’altro e alla società. Col consenso matrimoniale i coniugi decidono di doversi l’amore: quello che era gratuito diventa qualcosa di dovuto. La dimensione sociale della parola nuziale è collegata al fatto che il consenso non è una semplice decisione privata, dal momento in cui crea per ogni coniuge e per la coppia una specifica situazione ecclesiale e sociale: per questo motivo, la parola nuziale non può mai essere privata, pur essendo primariamente una realtà interpersonale. Anche dal punto di vista psicologico è connaturale alla vera volontà di sposarsi la necessità di rendere pubblico l’amore coniugale, l’impegno preso e l’identità familiare configurata con la costituzione del matrimonio. Si può perciò concludere che la pretesa di voler tenere l’unione come qualcosa di privato, senza il riconoscimento sociale della propria condizione di sposi, è un forte indizio della mancanza di una vera intenzione matrimoniale. Senza riconoscimento sociale, dunque, non si può parlare di matrimonio valido in senso pieno, poiché la nozione di validità implica non solo l’esistenza di un consenso naturalmente sufficiente (validità sostanziale), ma anche il riconoscimento sociale (validità formale). I mezzi di riconoscimento del consenso possono essere vari, a seconda dell’ordinamento; e anche se questo riconoscimento ordinariamente è contemporaneo alla formazione del consenso, in qualche caso può avvenire in un momento successivo, a patto che perduri il consenso sufficiente. In ogni caso, è bene sottolineare che la validità che deriva dal riconoscimento formale è al servizio della validità sostanziale, poiché il riconoscimento è appunto costatazione, accoglienza e protezione di una realtà preesistente: il consenso naturalmente sufficiente. D’altra parte, il principio formale, e conseguentemente la forma di celebrazione, soddisfa anche una necessità ecclesiale e sacramentale, poiché il consenso costituisce il nucleo centrale ed essenziale del segno sacramentale. Per cui, riconoscere l’autenticità del consenso significa riconoscere la presenza del segno sacramentale. Certo, a causa della snaturalizzazione della regolamentazione matrimoniale negli ambiti statuali, con l’ammissione di realtà pseudo-matrimoniali, è ancora più necessario che si possa riconoscere la verità dell’unione matrimoniale. È questo un compito della Chiesa, la quale si serve a tale scopo di diversi strumenti, tra cui la forma matrimoniale. Alcuni di questi mezzi, soprattutto la forma liturgica, sono particolarmente adatti perché servono a sottolineare la dimensione ecclesiale-sacramentale e sono un’occasione per ravvivare la fede dei coniugi. È bene però non dimenticare che sempre di strumenti si tratta.

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