CON NONNO FERNANDO A ROCCA DI PAPA, AVVOLTI NELLA MAGIA DEI PRESEPI
Gentilissimi mi accolgono nella loro casa, poco distante dalla storica Piazza Vecchia a Rocca di Papa e dal vecchio corso cittadino in Via della Cava, Fernando e la sua signora Fiorenza: la loro abitazione, in Vicolo Sepolcro Scaccia, si trova dirimpetto all’antico forno nel quale si riunivano un tempo i Carbonari; con loro, pare, anche il nostro medico condotto Leonida Montanari, giustiziato da Mastro Titta in piazza del Popolo nel 1825.
Mentre parliamo l’acqua, nell’antica fontana in Piazza XX settembre – Piazza Vecchia – scroscia senza sosta, facendo concerto con la pioggia battente. Ascoltandola, realizziamo che nostro bravo presepista di Rocca di Papa, nel presepe ci vive!!
Chissà, potrebbe essere quel pastore che intaglia il legno mentre sorveglia le pecore al pascolo, o l’esperto manovale sempre al lavoro, un artigiano che impasta la creta o il boscaiolo che conduce il mulo carico di fascetti… Ma andiamo per ordine: figlio di Gino e Amelia, è nato proprio in una delle tante casupole in Vicolo del Crocifisso, sopra Piazza Vecchia, in casa di nonna Sepiona, da Sepia, Eusebia. Era il 13 settembre del 1939. Sua moglie invece è figlia di Angelo il postino, proprietario di quella cantina nella quale oggi il nostro Fernando Fazi, detto Chinaglia – soprannome che la dice lunga sulla sua fede sportiva – fa fiorire la propria creatività.
Da bambino andava con i grandi che comunque si occupavano di edilizia, nei boschi, nelle vigne, nell’orto piantato a fragole, sotto le Faete.
La guerra aveva portato suo padre Gino al fronte e lui con mamma Angela – sfollati – s’erano rifugiati alla Colonia, ex Grand Hotel, nella parte bassa del paese. Racconta Fernando che quando il padre era tornato e in tre dormivano nel lettone, lui chiedeva alla mamma di cacciarlo via: era un estraneo, non lo conosceva. Morirà giovane quell’uomo, a soli 44 anni nel ’59 di una malattia che non perdona, lasciando Amelia con cinque figli: Fernando poco più che ventenne, la più piccola di 5.
– Semo nati pe’ tribbolà e ce semo riusciti … – mi dice sorridendo.
E subito sdrammatizza: con sua moglie mi mostrano le foto del matrimonio, due bei ragazzi giovani, sorridenti, lei con i capelli tagliati corti alla maschietta.
– Lo conosco da quando sono nata, abitavo qui vicino, abbiamo sempre giocato insieme e le vecchie qua fuori, mentre sferruzzavano, mi dicevano se mi lamentavo dei suoi dispetti: “Te sse pija!” – “U cercu… – j responneo”
Sempre lavorato per portare pane a casa, mai un attimo fermo, Fernando: ha iniziato a dodici anni come manovale con Mario Abate, sa costruire le case dalle fondamenta al tetto, dice; ha imparato e poi pian piano è diventato sempre più bravo e rifinito, anche come operaio specializzato nei rivestimenti in cortina.
– Non mi sono mai fermato, pe’ porta’ u pa’ a casa, co’ tre fiji, do’ femmine e ‘n maschio… – mi colpisce il suo ottimismo, sempre allegro, anche quando rievoca ricordi dolorosi.
Finalmente la pensione: e mica poteva starsene con le mani in mano, così ha iniziato a progettare, creare e rifinire presepi, talvolta offrendo le proprie competenze anche nelle scuole.
– Sono estroso, fantasioso, creativo: penso e realizzo – afferma convinto – con semplici materiali di recupero, legno de tija – il tiglio – o castagno, colla, brecciolini, tutto il materiale è frutto di riciclaggio…
E crea anche cesti di vimini, come gli ha insegnato tanto tempo fa Tarcisio ‘e Ciollettu ch’era un giardiniere tuttofare, funghi, animaletti, oggetti di vario tipo. Fiorenza mostra i soprammobili realizzati dal marito e divertita mi fa capire che non ha più spazio… ma lui è anche attivo in casa: ripara, sistema, restaura, tinteggia… ha costruito da cima a fondo le case dei figli. Ha sistemato, ricorda con orgoglio, la piccola edicola della Madonnina che sta nello spiazzo a Via della Cava, vicino alla fontanella…
Tuttavia in questi ultimi anni, realizzare i presepi è un hobby che ama, si emoziona nel progettarli e portarli a compimento, anche perché tra le pecore e i pastori, gallinelle e donne variamente impegnate nella quotidianità, lui inserisce scorci di Rocca di Papa, mettendo in risalto il suo amore per questa nostra realtà territoriale che lui ama svisceratamente e segretamente sogna di riveder rifiorire. Ed ecco che magari, vicino al pollaio ci son le grotte, troppo somiglianti a quelle Cave, nelle quali un tempo si rifugiavano i nostri genitori e nonni per sfuggire alle bombe degli Alleati; e la fontana, è simile proprio a quella della Barcaccia in Piazza dell’Erba o a quella della piazzetta Massimo D’Azeglio ai piedi della chiesa parrocchiale; vi sono gallinari, carbonaie, cariole, vicino alla fattoria… senza contare le varie casette fatte in legno, cartone e scopije. Tutto in quella cantina del suocero postino, nella quale, racconta Fiorenza, in prossimità del Natale, tra la legna e il carbone, la mamma metteva a ingrassare i tacchini da servire poi a tavola il 25 dicembre.
Fernando mi racconta come venivano realizzati una volta gli alberelli di Natale quando lui era bambino, co’ i ruschi : si univano rami di pungitopo e agrifogli carichi di bacche rosse e adornati di mandarini, arance, cioccolatini e biscotti, cenere e caramelle…
Che spavento quella volta che nella Colonia il padre, che lui pian piano stava imparando a conoscere, gli fece uno scherzo terribile: piccolo, guardava verso il caminetto realizzato dal genitore nella stanza dov’erano rifugiati, il piccolo alberello di agrifoglio davanti alla brace che andava spegnendosi… la sorpresa e la gioia lo spinsero verso quella visione magica, ma all’improvviso l’alberello scomparve risucchiato all’interno della canna fumaria. Un congegno semplice con una cordicella che il padre aveva tirato senza farsi scoprire l’aveva lasciato senza parole e lui disperato corse a cercar consolazione per quei doni sottratti chissà come dalla Befana!
Si sta preparando, nonno Fernando, alla mostra dei presepi che dovrebbe inaugurarsi l’8 dicembre in Via della Cava: in tutte le cantine saranno allestite rappresentazioni della Natività e lui non ha smesso mai di lavorarci, aggiungendo nel tempo libero, personaggi, animaletti, montagne e laghetti…, perfezionando quel che già c’è. Come tutti, attende che il Comune consenta un allaccio elettrico, senza il quale, cantine e grotte al buio, non potrebbe partire l’iniziativa…
E’ fiducioso, ottimista, ma realista, quando scherzando mi recita quella filastrocca appresa da bambino da Ugo il falegname:
more la pecora, more l’agnello
more il bue e l’asinello
more la gente piena di guai
ma i r…ompiscatole non muoiono mai!
Godiamoci quest’anno la bella via dei presepi, passeggiando in quest’antica via cittadina e, visitando tutti gli altri bei presepi disposti nelle grotte messe a disposizione dai proprietari, lasciamoci avvolgere dalla magia del Natale!
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