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Il libro di Saul Israel (1897-1981), pubblicato da Marietti Editore, 2007, è un percorso autobiografico della tragedia famigliare il cui microcosmo personale fa da specchio alle vicende storiche, identificando il proprio declino col crollo di Salonicco (l’attuale Tel Aviv) e la diaspora in Italia e in Francia alla fine della prima guerra mondiale, e poi con lo sterminio quasi totale della popolazione per colpa dell’atroce follia nazista. La famiglia Yacoel vede il proprio mondo ovattato sfaldarsi lentamente, segnando il dramma di un’identità che viene sradicata due volte: dalla terra e dall’individuo. Salonicco, dal 1492, fu la città che accolse la diaspora degli Ebrei fuggiti dalla Spagna dopo l’espulsione di Alhambra decretata da Boadil, l’ultimo sultano di Granada. Per oltre 4 secoli qui, il popolo sefardita s’impiantò conservando le proprie tradizioni, la propria lingua e persino le chiavi della casa che avevano abbandonato in Spagna, pur di non perdere la propria identità. Si sviluppò così una comunità salda nelle proprie radici spirituali che però, isolandosi dal tempo storico e dal contesto geografico, edificò la vita dei suoi membri in una dimensione irreale impregnata di religiosità e di misticismo. Un mondo che restò intatto fino al progressivo sgretolamento dell’Impero Ottomano, la cui fine fu vissuta come l’inizio di un’apocalisse che culminò con la shoah. La pregevole ricostruzione storica è il presupposto necessario per riuscire a delineare i momenti di vita reale e la visione tipica di un mondo chiuso che, rifiutando qualunque compromesso esterno, finisce per riversare tra le pareti domestiche i drammi di una religiosità che diventa troppo spesso completamente irrazionale. Il valore del testo sta in un’analisi lucida dell’impatto della modernità nelle sorti di quelle genti i cui vecchi: «abituati come erano a giudicare il presente e prevedere il futuro riferendosi esclusivamente al passato, cercavano ansiosamente nella storia del popolo ebraico gli episodi che presentavano delle analogie con gli avvenimenti attuali per dedurne previsioni per il futuro prossimo». Un atto di resistenza contro gli attacchi dell’inculturazione cristiana, delle ideologie sioniste, comuniste o fasciste dell’Europa. La descrizione di una «riacutizzazione episodica di un odio che trova tutte le vie più o meno efficacemente sbarrate eccetto quelle che conducono verso gli ebrei dove può sfogarsi liberamente e senza nessun rischio». Ma anche la difesa estrema di un Dio autentico che la secolarizzazione ha  invece trasformato in «un’arida astrazione che può avere anche la sua bellezza particolare ma si tratta di una bellezza priva di umanità; una bellezza tipicamente pagana fatta di simboli, di esorcismo e di scongiuri»