Con i jeans siete salve
Sconcertante la lista di dispositivi anti-stupro sviluppati per la “sicurezza” delle donne: reggiseni che producono scariche elettriche se sfiorati da uomini non graditi; marchingegni da utilizzare come fossero degli assorbenti interni ma dotati di spuntone che colpisce chi tenta l’ingresso (Svezia); abito che cambia forma quando serve per far somigliare una donna ad un distributore automatico di bibite (Giappone). Fortunatamente questi dispositivi “ingegnosi” non sono ancora in commercio.
Nel loro silenzioso camuffarsi è celato un urlo di dolore: “Siete delle bestie!”. La violenza non risiede solo nell’atto sessuale interrotto da un doloroso spuntone ma dalla mancanza di rispetto che c’è in un insulto volgare per la strada, nelle mani che ti sfiorano sulla metro, in chi si masturba accanto a te. Come si fa a parlare di istigazione all’aggressione? Come si fa a far sentire in colpa una persona perché in quel momento non avrebbe dovuto indossare la gonna ma dei jeans? (molte donne aggredite indossavano jeans o pantaloni). Il vero problema è radicato nella nostra società: diciamo che uomini e donne godono degli stessi diritti e della stessa libertà, ma non è vero nei fatti. Diciamo che c’è parità tra i sessi e che gli uomini che hanno sbagliato pagano, ma non è così, non a caso ad una fase di minaccia (denunciata inutilmente) segue lo stupro o l’aggressione (che rimane quasi impunita) e che può terminare con la morte della vittima. Li segue il “si poteva fare qualcosa” e un mese di trasmissioni dove il tutto viene mediatizzato e trasformato in un avvincente thriller. Gli uomini violenti sono stati bambini e figli ai quali insegnare il rispetto per l’altro e l’educazione non la prepotenza.
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