Con Antonio Bennato un ‘brindisi’ vibrante
, professore e poeta di intensa passione civile e raffinato lirismo, ma anche, siccome stregato dalla campagna veliterna, appassionato contadino ed amante di vini. Ospite del pomeriggio lo scrittore Antonio Bennato, già autore per Mondadori de I Santi li ho tirati giù dal cielo, del quale sono stati presentati i due ultimi lavori, per Guida Editore, Napoli, La Capitana e Quo vadìsse, Pulecenè?. I presenti, numerosissimi, hanno avuto il privilegio, raro in queste occasioni, di conoscere uno scrittore autentico. Bennato infatti, tanto schivo quanto determinato e rigoroso nella sua ricerca letteraria, rifugge dai facili contatti nei circoli dei soliti noti, e dalle ospitate reciproche. Anche questo è stato ricordato negli interventi dei relatori, tra cui Filippo Ferrara, presidente dell’Associazione, Maria Lanciotti e Marisa Monteferri, i quali, entrando nel merito delle opere presentate e della poetica dell’autore, non impropriamente hanno voluto proporre accostamenti a Nietzsche e a Gadda per sottolineare un respiro vitale (dionisiaco) e ciclico nei temi trattati, ed un uso accorto ed efficace del dialetto, tradotto perfino in pregnanti neologismi. Così nei due romanzi brevi de La Capitana l’attenzione è sempre massima, come in un grande giallo, ma sono le tensioni umane che avvincono e risaltano, proprio in virtù del ritmo e del lessico, fino a diventare un quadro animato. Nella silloge poetica Quo vadìsse, Pulecenè? (il titolo, complice la modestia dell’autore, non rende merito al taglio alto dell’opera) i versi, come ‘pietre’, penetrano nell’animo del lettore, sconvolgendo ogni equilibrio o rilassatezza, per dirigerlo ad una sofferta scalata morale. Non è possibile evitare la citazione di alcuni lampi per illustrare lo spessore di questa poesia: «A me, Poeta delle Pietre, / Sono care le pietre della terra. / Ma a volte le trascino per i versi / E – sprecandone lo stupore – / Smorta, Noia s’aggira, / E impallidisce ogni brivido. / Pure, amico mio, sono qui / E ti porto in silenzio / Queste falde di Luna morta. / Non ho da darti per riflettere / Se non ciò che tu stesso hai ucciso.», o «Sono uscito / Questa sera / Nel buio / A indossare stelle / Ho chiuso gli occhi / E in fondo / Mi sono ferito / Con l’aria rovinata / Da un revolver / Lontano …». Ecco le ragioni del vibrante come aggettivo del ‘brindisi’. Bennato, che ha seguito seduto tra il pubblico (foto) anche le splendide letture di Patrizia Audino e Ginella Dibennardo e gli intermezzi musicali per chitarra classica del Maestro Andrea Pace, è intervenuto solo nel finale. Ha commosso una volta di più la platea con timidi ringraziamenti e con l’esposizione della genesi della sua passione artistica che, prendendo le mosse dai fatti della vita (il suicidio di una bambina, il dramma di un aborto …) riesce, con un incessante lavoro di mano e cuore, a trasfigurare in storie universali. L’emozione generale si è trasformata in gioviali contatti a cuore aperto durante l’ottimo rinfresco ed il brindisi che ha concluso una rasserenante serata di cultura partecipata e non superficiale.
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