Compleanni ‒ “Vecchio scarpone quanto tempo è passato…”
Te ne accorgi una mattina quando prima che tu scenda dal letto il telefono prende a squillare e ti arrivano a raffica gli auguri per il tuo compleanno. Un altro compleanno? ti chiedi sconcertato, un po’ seccato da tanta solerzia, e non solo parentale, nel ricordarti il tempo che passa, e cominci a farti i conti.
Oh cavoli, presto realizzi, cifra tonda e gli …anta a venire che si assottigliano. Quasi quasi stai assaporando il momento, e conti i decenni trascorsi come tante medaglie al valore appuntate sulla tua pelle ma che premono su ogni tuo organo vitale come un carico fatto di tutto un po’, la somma di giorni e di vicende, di dare e di avere, di pene e soddisfazioni, del fatto e non fatto che ti premia e ti castiga, ma nell’insieme tutto torna se si prende il vivere per quello che è, un grosso rischio per una grandiosa avventura.
“Auguri, auguri!” e non ti viene risparmiato il soffio che spegnerà un prato di candeline, evitandoti stavolta il solito scherzo di propinarti quelle che appena spente si riaccendono, e tu ce la metti tutta e sai comunque che andrai in debito d’ossigeno.
Finita la festa, spente le luci, ti stendi per rivederti da cima a fondo il singolare lungometraggio che raccoglie assieme al tuo vissuto i trascorsi di un’epoca, anzi di più epoche, riflettendo senza volerlo sull’inconcludenza di tanto travaglio, e quasi quasi decidi di appendere le tue vecchie ma ancora solide calzature al chiodo, in fondo ‒ oh cavoli! ‒ la tua parte l’hai fatta. Ma ecco che quel ragazzino che per una vita ti ha fatto da padre e non intende affatto sloggiare o lasciarti tranquillo proprio adesso che pensi di essere arrivato al dunque, prende a scalciare fra le tue costole e ti richiama al dovere. E tu ti riallacci le scarpe e con una bella musica in testa riprendi a macinare ‒ godendo e soffrendo come ogni comune mortale ‒ i tuoi giorni.
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