Come affrontare la vita: Apprendere la Resilienza
Come affrontare la vita: Apprendere la Resilienza
In architettura la resilienza di un materiale è una proprietà meccanica, definita come l’energia assorbita da un corpo in conseguenza delle deformazioni elastiche. In particolare la resilienza da impatto è la capacità di un materiale di resistere a forze dinamiche, ovvero ad urti, fino a rottura, assorbendo energia con deformazioni elastiche e plastiche. Il termine resilienza, che deriva dal latino re-silio, ovvero “risalire, tornare indietro”, viene utilizzato per indicare la capacità di resistere a traumi, rotture, cambiamenti ed eventi, tornando poi allo stato originario.
La resilienza esprime in senso più ampio la capacità di un sistema – territoriale, urbano o edilizio – di assorbire i cambiamenti, reagendo e adattandosi proattivamente al mutamento. L’attualità di questo concetto rimanda alle rinnovate sfide sia ambientali – cambiamenti climatici, rischio idrogeologico, transizione energetica – sia sociali ed economiche – crescita della popolazione, urbanesimo e migrazione, accessibilità e inclusione sociale – pongono al centro l’innovazione tecnologica di processo e di prodotto a tutte le scale del progetto.
Ma analizziamo meglio il concetto di Resilienza.
Nel film “Eddie the Eagle,” tratto da una storia vera, Eddie Edwards è un ragazzo che dal nulla e nel giro di pochi anni riuscì a partecipare alle olimpiadi invernali del 1988 nel salto con gli sci.
Com’ è potuto succedere?
Quali difficoltà ha dovuto superare?
Ne è valsa la pena?
Molto significativa la metafora delle medaglie (una scatola con dentro tutti gli occhiali spezzati per i tentavi fatti ma falliti). Prima dei premi ci aspettano le esperienze, quelle che insegnano a fare meglio, quelle che fanno male, ma rappresentano i nostri trofei sulla strada della crescita. Piccole tappe verso la vittoria finale.
Le key words da apprendere nel film sono:
– determinazione,
– resistenza,
– focus,
– sapersi rialzare dopo le sconfitte,
– trascendere la cultura dominante, come quella del padre che lo vuole intonacatore e del medico che lo prega di non fare sforzi,
– inseguire i propri sogni, nonostante tutti e nonostante tutto.
Il film cita Pierre De Coubertin, fondatore dei Giochi Olimpici: “La cosa importante alle Olimpiadi non è vincere, ma partecipare. La cosa importante nella vita non è il trionfo ma la lotta”.
Viene da chiedersi alla vista del film o di storie analoghe: “perché dei miglioramenti così piccoli riescono a produrre risultati così straordinari? E com’ è possibile portare questo approccio nella vita?”
Troppo spesso ci convinciamo che grandi risultati richiedano grandi azioni: che si tratti di perdere peso, di avviare un’attività lavorativa, di scrivere un libro, di vincere un campionato o di raggiungere qualunque altro obiettivo, sottoponiamo noi stessi a una forte pressione per ottenere “lo sconvolgente miglioramento di cui tutti parleranno”. Invece un miglioramento dell’1 per cento non è di particolare rilievo, certe volte non è nemmeno percepibile, ma può essere molto più significativo, specialmente nel lungo periodo. Se si riesce infatti a migliorare dell’1 per cento ogni giorno per un anno, si finirà per essere 37 volte migliori. Lo stesso accade per gli effetti delle piccole abitudini questi possono essere capitalizzati nel tempo. Le abitudini sono l’interesse composto dell’automiglioramento. Esattamente come il denaro si moltiplica attraverso l’interesse composto, gli effetti delle abitudini si moltiplicano reiterandole.
Lao Tzu diceva:” Fai attenzione ai tuoi pensieri, perché diventano parole.
Fai attenzione alle tue parole, perché diventano azioni.
Fai attenzione alle tue azioni, perché diventano abitudini.
Fai attenzione alle tue abitudini, perché diventano il tuo carattere.
Fai attenzione al tuo carattere, perché diventa il tuo destino”.
Bello immaginare come dai pensieri attraverso prima le parole poi le proprie azioni e le proprie abitudini, si possa plasmare il carattere ed il proprio destino. Se ognuno di noi potesse tramutare i propri pensieri in realtà forse, pensando tutti insieme ad un mondo migliore potremmo realizzarlo. Come fare? Partendo da ognuno di noi. Gandhi diceva: “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.
Il successo come spesso si dice è simile a un iceberg, quello che si vede, è solo la punta, sotto, sul fondo del mare, ci sono tutte quelle azioni invisibili agli occhi delle persone ma allo stesso tempo fondamentali per arrivare al risultato: buone abitudini, sacrificio, dedizione, perseveranza, lavoro, fallimento …
Spesso schiacciati da un grande dolore, dalla ricerca della perfezione con la pretesa di non voler mai sbagliare, dalla paura del cambiamento e dalla convenienza di rimanere nella nostra zona di comfort senza cambiare lo status quo, non riusciamo ad evolvere nella pienezza del nostro sé, nella sua piena realizzazione e nella manifestazione con messa a frutto del nostro vero talento da donare agli altri.
Quanti esempi di persone famose si potrebbero analizzare come casi di resilienza. Vi propongo di esaminare la figura dell’artista Frida Kahlo e la sua arte di non spezzarsi: la resilienza della stessa è la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibile alle opportunità positive che la vita le offre, senza alienare la propria identità. Frida Kahlo è una pittrice che ha trasformato il dolore in bellezza. Sono persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.
Ma per conoscere Frida non si può prescindere dalla sua storia di dolore, di sofferenza e d’amore. Già alla nascita compaiono le prime criticità: Frida è affetta da spina bifida, una patologia ancora sconosciuta e che verrà curata come poliomielite. La sua malattia non la blocca, anzi sembra forgiarne il carattere: sin dall’adolescenza emerge il suo spirito indomito e passionale e inizia a fare capolino il suo talento artistico. La sua aspirazione è inizialmente quella di fare il medico ma inizia ben presto a dipingere per divertimento i ritratti dei suoi compagni di studio. A 18 anni Frida subisce il terribile incidente che segnerà la sua vita: l’autobus sul quale viaggiava si scontra con un tram e finisce schiacciato contro un muro. La sua colonna vertebrale si spezza in tre punti nella regione lombare, si frattura il collo del femore, le costole e la gamba sinistra in 11 punti diversi, si sloga il piede destro, subisce una lussazione alla spalla sinistra e la rottura dell’osso pelvico. Un corrimano dell’autobus le penetra su un fianco e fuoriesce dalla vagina, impedendole per sempre di diventare madre. Una volta dimessa dall’ospedale trascorre anni a riposo, nel suo letto di casa, con un busto di gesso che l’accompagnerà per molto tempo. Vivrà poi un amore tormentato con Diego Rivera, sopporta molti tradimenti, infiniti dolori, cambia la sua data di nascita con quella della rivoluzione, indossa orgogliosamente i vestiti tradizionali del popolo messicano, lotta tutta la vita contro la sua malattia ma anche per la libertà di tutti i popoli oppressi. Frida è un esempio di come l’arte possa rendere condivisibile un’esperienza molto personale ed intima, difficilmente raccontabile con le parole. Le sue opere non hanno lo scopo di renderla famosa, ma piuttosto quello di esprimere e di raccontare l’indicibile, rendere possibile sopportare eventi e traumi che altrimenti avrebbero rischiato di rompere l’unità dell’Io. I quadri di Kahlo sembrano essere una forma di autocura, di autosostegno, nella ricerca di quella unità che gli eventi traumatici mettono in serio pericolo. Il messaggio dell’artista messicana è chiaro e d’esempio per tutti: essere resilienti non significa non soffrire, ma prendere atto delle proprie difficoltà e decidere di andare avanti, sfruttando ogni risorsa a disposizione. La stessa Frida Kalho disse: “Ho imparato ad affogare i miei dolori, ma hanno imparato a nuotare”.
La resilienza, quindi, non consiste nel negare le ferite e il dolore, ma significa rispondere a queste in maniera creativa in un’ottica di speranza. Assumendo una prospettiva non deterministica, possiamo riflettere come non siano gli eventi in sé a determinare come reagirà una persona, ma come invece siano i processi che nascono da questi a dare significato al modo con il quale si sceglierà di rispondere.
Allora viene da chiedersi “Come allenarsi alla resilienza?”
Ecco alcuni punti importanti sui quali riflettere:
– Il cambiamento come parte naturale della vita. Accettare le situazioni che non si possono cambiare può aiutare a concentrarsi sulle circostanze che si possono modificare. Starai così accettando e non rifiutando il potere trasformatore della vita. Allo stesso tempo anche il sistema immunologico ne sarà grato.
– Creare legami sani. È importante creare legami di qualità, accettare l’aiuto e l’appoggio che ci viene dato. Accettare la “vulnerabilità”, siamo essere umani che hanno bisogno d’affetto e, a volte, di sostegno nei momenti drammatici. Vulnerabilità non è debolezza ma forza perché accettiamo la nostra natura sensibile.
– Concentrarsi sul raggiungimento di un obiettivo realistico. Dedicarsi ad attività che ci aiutino a raggiungere quest’obiettivo anche se ci sembra di ottenere solamente un piccolo risultato.
– Prendere decisioni e credere in te stesso. In situazioni avverse, agire. Decidere è meglio che ignorare i problemi e le tensioni. Se si sbaglia, ci sarà sempre un momento per rettificare. Però non smettere di agire a causa della paura di sbagliare.
– Considerare le crisi come opportunità di cambiamento e di conoscenza personale. Non si può evitare che succedano cose che producano tensioni e c’intristiscano tanto da cambiarci la vita. Si può però cambiare il modo d’interpretarle e di reagire. Dare a se stesso l’opportunità di conoscersi meglio e di continuare a scoprire nuove parti di se stessi.
– Una visione ampia. Quando affrontiamo eventi molto dolorosi, cerchiamo di considerare la situazione che provoca tensione come parte di un contesto più ampio. Questo eviterà di focalizzarci sulla situazione avversa ma è meglio avere il punto di vista di un’aquila in volo che vede tutto dall’alto ed è capace di osservare il suo obiettivo all’interno di un contesto molto più ampio, senza permettere che sia la preda ad avere il controllo.
– Permettere a se stesso di vivere le emozioni. Sperimentare e vivere le emozioni è la cosa più sana e naturale che possa esistere nella prevenzione e cura delle malattie. Tuttavia aggrapparsi ad esse per molto tempo, anche quando non è utile, non ci permette di essere liberi. Evitando questo legame inutile, si prevengono anche blocchi o patologie future.
– Ascoltare le proprie necessità. S’impara ad ascoltare sé stessi, a distinguere tra le nostre necessità e quelle degli altri. Se impariamo a farlo, avremo un organismo contento e allegro. Queste necessità possono essere di tipo affettivo, biologico (riposo, un’alimentazione che non riduce il tuo tono vitale, etc.).
– Godere di ogni momento. Svolgere attività che permettano di allontanarsi dalla quotidianità e di esprimere la nostra creatività.
– Tolleranza e flessibilità. L’essere umano è di natura flessibile e comportamenti come quello di delegare agli altri, o di essere meno rigidi e severi con se stessi reagendo alle difficoltà con un atteggiamento costruttivo e proattivo più benevolo, benefico e salutare.
Esistono alcune caratteristiche mentali e comportamentali che possono aiutare lo sviluppo della resilienza:
- Ottimismo: l’ottimismo serve a tutelarsi dal disagio e dalla sofferenza fisica e psicologia e allo stesso tempo fomenta il benessere dell’individuo. Inoltre grazie all’ottimismo è possibile mantenere più lucidità davanti ai problemi della vita, proprio grazie a una visione più positiva e tesa a sminuire in problemi, che permette una forza maggiore nell’affrontarli, proprio perché non sono percepiti come insormontabili.
- Autostima: Una buona autostima aiuta ad affrontare al meglio i problemi, perché si è meno soggetti alle critiche degli altri o ai propri dubbi e paura. La sicurezza in sé stessi rende in qualche modo più forti e capaci di affrontare situazioni problematiche.
- Hardiness: robustezza o spessore psicologico che riguarda la capacità di un buon sviluppo psicologico ed emotivo e si può suddividere in tre sottocomponenti.
- Il controllo: ossi la capacità di sentirsi in grado di controllare l’ambiente circostante e di disporre delle capacità necessarie per farlo.
- Impegno: l’impegno nella situazione con la definizione di obiettivi significativi per la realizzazione aiuta alla risoluzione del problema.
- La sfida: affrontare il problema come una sfida a cui fare fronte, vedendo pertanto nel cambiamento un incentivo positivo alla realizzazione dello stesso.
- Emozioni positive: concentrarsi su ciò che si ha invece che su ciò che non abbiamo.
- Supporto sociale: sapere di avere una base solida di amore e di cure che arriva da altre persone, che siano essi parenti, amici o caregivers. Sapere di avere qualcuno accanto ci rende più sicuri e pronti ad affrontare nuove sfide, perché sappiamo di avere sempre una base di appoggio e di riferimento. Inoltre avere accanto una persona competente che ascolta, sostiene e aiuta chi sta soffrendo a sfogare e superare il proprio dolore attraverso un’esperienza condivisa e una rielaborazione, così da porre le basi per il suo superamento.
Pertanto per mettere in pratica la resilienza è importante cambiare la concezione di se stessi, degli altri e dell’ambiente che ci circonda, evitando estremismi sia positivi che negativi, ma mantenendo un punto di vista realistico che permetta di adattarsi alla realtà, con sicurezza verso sé stessi e il mondo.
Viviamo ora più consapevolmente con forza, grazia e resilienza e contagiamo positivamente gli altri per il bene comune, per “un mondo migliore” come direbbe Vasco Rossi. Avanti!
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