Colombo Cafarotti e il suo nuovo libro: la coerenza e il segno dei tempi
Lo scrittore di origine veliterna Colombo Cafarotti è in libreria da giugno con “La rivoluzione sessuale degli animali” per la stampa di Aletti Editore. L’opera comprende il racconto lungo e articolato che le dà il titolo e altri tre racconti dal tenore decisamente fiabesco. Anche questa volta Cafarotti scrive con la proprietà e la finezza di dettagli che lo caratterizzano e sceglie l’apologo o più semplicemente la favola per esprimere e rappresentare sentimenti e visione del mondo. Già nei precedenti lavori, in particolare in “Nella nuova fattoria-ia-ia-oh!” e “L’ultima capanna”, la tensione morale (bene contrappuntata, a seconda dei casi, dalla leggerezza del disegno narrativo, o al contrario dalla esplosione della miseria e del dolore, o ancora da arguzie e battute) dava tono all’importante dipanarsi delle storie. Per quanto riguarda “L’ultima capanna” veniva in mente l’accostamento non irriverente al ciclo dei “Vinti” di Giovanni Verga. Grandi temi, come la rivolta contro lo sfruttamento e per l’uguaglianza degli uomini, i valori della società contadina fondata sul lavoro e l’onestà, invece che sul facile guadagno frutto di comportamenti illeciti, sono perfettamente aderenti alla ‘poetica’ del Cafarotti il quale è appunto nato alle pendici dell’Artemisio quando “Il vino si mangiava”.
Anche la nuova opera è un apologo. Vuole rappresentare la preoccupazione per il cambiamento troppo rapido e incontrollato dei costumi a scapito delle “certezze” della tradizione. Così nella foresta troppi accoppiamenti liberi generano mostruosità e l’eccesso di libertà porta all’infelicità. Il tema questa volta è trattato molto direttamente, viene citata la “Cirana” (fin troppo chiaro riferimento alla legge “Cirinnà”) l’inseminazione artificiale e altre questioni di questo rango. E poco rileva che con la abituale maestria l’autore crei simpatici personaggi come l’orso Geggio o la volpe Camilla: i problemi sono affrontati forse troppo di petto (staremmo per dire “di pancia”) così che sembra vicino il rischio di sconfinare nel pamphlet. Ma qui il tema, quello dei diritti civili in senso lato, è importante e difficile da gestire nei mille aspetti nei quali si può articolare; è una questione nella quale classicamente c’è trasversalità di opinioni ed è faticosissimo raggiungere un punto di equilibrio. Si crea la lotta tra i sacrosanti diritti dell’essere umano a non essere discriminato per i suoi sentimenti e la vita sessuale, e il conflitto, annoso ma spesso solo apparente, tra il “secondo natura” e il “contro natura”, concetti questi ultimi che si mordono la coda e in una dialettica filosofica rischiano di annullarsi reciprocamente. Proseguendo poi su questa strada impervia si arriva facilmente alla difesa della razza (vogliamo credere, comunque, nel rispetto del famoso aforisma di Albert Einstein sulla unicità di quella umana) e del branco. Dunque un groviglio intricatissimo come la foresta nella quale è ambientata la favola. Ma forse la via di interpretazione, o se si vuole di uscita, è nella “inconfondibile vena romantica” del Cafarotti, come scrive in un suo articolo il prof. Ferrara. Quella vena che, più evidente nei tre altri racconti, attraversa ovvero “ispira” l’apologo principale. Colombo Cafarotti, uomo probo e scrittore raffinato, non nasconde il desiderio di un mondo ordinato e senza conflitti, siano essi sociali o d’altra natura, perché “inondato da quel sentimento bellissimo che si chiama amore”. Qualche volta la realtà ci parla d’altro, ma il desiderio di migliorarla con l’amore è certamente la molla giusta.
Alberto Pucciarelli
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