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CITTADINI-UTENTI O SUDDITI-IMPIEGATI DELL’ACEA?

CITTADINI-UTENTI O SUDDITI-IMPIEGATI DELL’ACEA?
Febbraio 14
15:26 2020

L’ACEA sta inviando ai propri utenti una lettera, senza data, in cui chiede di “comunicarci il numero di componenti del suo nucleo familiare esclusivamente attraverso l’Area Clienti del nostro sito web MyAcea a partire da giovedì 2 gennaio 2020”.

Nel sito dell’ACEA (ma non nella lettera) è scritto che gli utenti devono autocertificare il numero dei componenti e che, se non lo faranno, nella bolletta si pagherà, di ufficio, per tre componenti anche se sono di meno.

Prima questione: nella lettera non vi sono riferimenti legislativi o regolamentari che impongano agli utenti di svolgere un lavoro che spetta all’ACEA, e che prevedano obblighi ed eventuali sanzioni per chi non assolve il proprio “dovere” di autocertificazione.

Seconda questione: poiché l’ACEA opera in nome e per conto dei Comuni che hanno affidato alla Società la gestione del servizio idrico, dovrebbe chiedere quelle informazioni ai Comuni stessi che dispongono di anagrafi informatizzate, e non agli utenti.

Terza questione: molte persone, specialmente anziane, non sono materialmente in grado di accedere al sistema informatico; ci si affida sostanzialmente alla buona volontà degli utenti che non necessariamente possono o vogliono collaborare all’iniziativa. I “renitenti” che vivono da soli pagheranno una bolletta come se in casa fossero in tre. Si tratta dunque di un’operazione intrinsecamente zoppa, parziale, che ha forti aspetti di illegittimità, e che non risolve il problema.

Vediamo cosa succede quando un volenteroso utente-collaboratore-non-pagato entra nel sito MyAcea: segue le indicazioni di rito, si registra, inserisce i propri dati e …. non trova la casella specificatamente contrassegnata come “autocertificazione” in cui inserire il fatidico numero dei componenti del nucleo familiare. Peraltro quando si autocertifica si deve allegare anche un documento di identità – qui non richiesto. Diciamo che il programma impiegato va rivisto e migliorato?

Siamo in presenza di un sistema, alquanto diffuso, di scaricare sugli utenti compiti che spettano ai fornitori di servizi che operano in regime di monopolio in base ad un contratto di servizio con gli enti pubblici. I sindaci dei Comuni dell’ATO2 hanno qualcosa da dire, e soprattutto da fare, per difendere i propri cittadini da questa improvvida decisione dell’ACEA? O ci sarà bisogno di intraprendere una class action se gli uffici legali dei Comuni non interverranno?

Considerazione finale. I dati ci dicono che nel 2015 nei 17 Comuni dei Castelli Romani il rapporto tra acqua erogata e utilizzata è del 35,4%, che dunque due terzi del prezioso liquido non raggiungono i rubinetti ma si perdono per strada. La richiesta dei dati sui componenti del nucleo familiare, che ovviamente non produrrà effetti significativi, ha un costo. Ma non sarebbe stato meglio investire quei soldi in maniera veramente produttiva migliorando la rete di distribuzione?

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