Cittadinanza, il ddl arriva alla Camera
“Servirà a chi vuol veramente restare in Italia e non agli stranieri che la considerano una residenza temporanea in attesa di trasferirsi in altri paesi”.
Nella sostanza, il testo mantiene invariate le norme vigenti ed anzi le rende in parte più restrittive. Gli immigrati dovranno risiedere regolarmente per almeno dieci anni in Italia prima di poter ottenere il passaporto italiano. Dopo 8 anni si dovrà fare domanda di frequenza a corsi obbligatori di storia e cultura italiana ed europea, di educazione civica e sulla Costituzione. Oltre al corso lo straniero deve dimostrare un buon grando di integrazione sociale e il rispetto “anche in ambito familiare” delle leggi italiane. Nessuna novità è prevista per i loro figli anche se nati e cresciuti in Italia: il ddl prevede infatti che, così come avviene oggi, possano chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni. In più, rispetto alla legge Bossi-Fini, è aggiunta la condizione che abbiano frequentato con profitto tutta la scuola dell’obbligo.
Sullo sfondo del dibattito si staglia la posizione di Gianfranco Fini e dei suoi fedelissimi, che chiedono maggiori diritti soprattutto per i ragazzi di origine straniera nati e cresciuti in Italia. Su questo tema, il presidente della Camera ha posto spesso l’attenzione, attirandosi le critiche di larghi settori della maggioranza, Lega in primis.
Oggi, alla Camera, è toccato a Italo Bocchino dire che “innalzare dighe non basta a risolvere il problema. Serve un nuovo modello di cittadinanza che comunque non faccia venir meno i controlli”. Quello della commissione, precisa Bocchino è “un buon testo”, ma non sarà quello definitivo: “Sono convinto che vi si registrerà una convergenza, noi siamo pronti al dialogo”. Con l’opposizione, ovviamente. Quanto ai tempi, Bocchino osserva: “Avviamo la discussione per poi sedimentarne i contenuti per riprenderla dopo le elezioni regionali, quando sarà più facile trovare convergenze su temi come questo”. Uno stop legato al fatto che un tema delicato come l’immigrazione possa avere ricadute negative nell’urna.
Chi invece spinge sull’acceleratore è il finiano Fabio Granata, firmatario della proposta bipartisan poi bloccata in commissione: “Ci sono tempi troppo lunghi per la concessione della cittadinanza perche’ dieci anni diventano sempre 13 o 15. I diritti politici e civili legati alla cittadinanza diventano cosi’ obiettivi ritenuti quasi irragiungibili da parte di molti immigrati”.
La Lega, invece, non vuol sentire parlare di cittadinanza “agevolata” agli stranieri: “Non abbiamo bisogno di attirare immigrazione, ma di gestire il fenomeno stringendo le maglie. Non possiamo mandare messaggi sbagliati. La cittadinanza facile sarebbe una grande calamita che attirerebbe immigrati che non possiamo ricevere” tuona il capogruppo del Carroccio, Roberto Cota. No secco, dunque, a nuove norme che derivino da una scelta “ideologica scollegata dalla realtà”.
Il testo Bertolini non piace affatto, sul versante opposto, all’opposizione. “E’ una legge pessima: un passo indietro. Adesso vediamo se alle tante parole e ai tanti proclami pronunciati da esponenti della destra seguiranno comportamenti coerenti in sede di voto”, dice Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera. Più cauto il leader dell’Udc, Pierferdinando Casini, che ritiene comunque necessarie “nuove regole”, chiedendo che venga potenziato il meccanismo dello ius soli “che attribuisce la cittadinanza a coloro che nascono in questo Paese a prescindere dalla nazionalità dei genitori”.
Anche il sindacato fa sentire la sua voce. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, invita il parlamento a ”fare un regalo agli immigrati che vivono onestamente in Italia e che pagano le tasse, approvando la proposta di legge sulla cittadinanza”.
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