Cinecittà: la fabbrica dei sogni sarà ancora realtà?
Arte, talento, mestiere e passione sono nati e esplosi in un paese delle meraviglie che sorge dal 1937 a soli nove chilometri dal centro di Roma. Fellini disse: «L’hanno definita la fabbrica dei sogni: un po’ banale, ma anche vero. È un posto che dovrebbe essere guardato con rispetto, perché al di là di quel recinto di mura ci sono artisti dotati e ispirati che sognano per noi. Per me è il posto ideale, il vuoto cosmico prima del big bang». Cinecittà è il luogo della creatività e dell’immaginazione, il posto dove i sogni prendono forma e diventano realtà, dove tutto è possibile. Cinecittà è il cinema, è il mito di ieri e di oggi, dell’«Hollywood sul Tevere».
È la città di Pasolini, Visconti, Scola e Comencini, di Francis Ford Coppola e Martin Scorsese. Tra le sue mura sono stati girati più di tremila film, novanta dei quali hanno ottenuto una nomination agli Oscar e quarantasette sono stati premiati. Qui hanno preso vita le storie di Quo vadis, Ben Hur e Cleopatra, de Il paziente inglese, Gangs of New York, Nine e Baaria. Oggi, però, sembrano lontane le famose note della musica de La dolce vita, delle passeggiate nei lunghi viali delle star nazionali e internazionali, «cosa direbbe Albertone se chiudesse Cinecittà?» recita una scritta sul muro. Dal quattro luglio la «fabbrica dei sogni» è coperta da uno striscione con su scritto «Cinecittà okkupata». I lavoratori, uomini e donne che protestano davanti ai cancelli di Via Tuscolana, chiedono di fermare il progetto che definiscono come «cementificazione» dell’area. Il patrimonio artistico, culturale e tecnico è messo a rischio dal piano di ristrutturazione voluto dall’azienda che fa capo a Luigi Abete. Un grande albergo, un parcheggio per seimila vetture, centri benessere e palestre dovrebbero farsi spazio tra gli storici teatri di posa, per fare di Cinecittà un museo a cielo aperto. A rischio ci sono oltre duecentoventi posti di lavoro, tra tecnici e amministrativi, che verrebbero spacchettati in tante società collegate affittati per mesi o settimane con la possibilità di essere nel tempo licenziati. La Italian Entertainment Group, che controlla Cinecittà attraverso partecipazioni azionarie pari a quaranta milioni di euro, adotta una politica di mercato che, secondo i lavoratori, non risponde a nessuna logica: i prezzi di affitto alle produzioni cinematografiche e televisive sono troppo alti, aumentano di mese in mese, così invece di venire a Roma i potenziali clienti fuggono. Per difendere Cinecittà sono intervenuti registi che, come Gianni Amelio, Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci e Giuseppe Tornatore, hanno lanciato un appello al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Presidente del Consiglio Mario Monti «perché intervengano urgentemente per impedire tutto ciò e perché Cinecittà e l’Istituto Luce tornino ad essere punto di riferimento produttivo del cinema mondiale e restituiti a quel ruolo pubblico di volano per il rinnovamento e il rilancio del cinema italiano». Le proteste dei lavoratori intanto continuano tra manifestazioni, presidii e cascate di neve al Colosseo, ricreata sfruttando una macchina per gli effetti speciali; «per tutti quelli che sanno che il cinema non è solo una forma d’arte, ma un potente mezzo di emancipazione sociale, di crescita culturale, di avvicinamento tra popoli, di promozione di tutte le altre espressioni artistiche e che per fare tutto ciò servono idee, mani e amore, ma non cemento». Per tutti quelli che credono che «la fabbrica dei sogni» possa essere ancora realtà.
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