Ciao, sono la Violenza
Secondo l’Istat, nel 2014, il 31% delle donne mi ha conosciuta, e sai, anche nella nostra azienda il 39% ritiene che ci siano donne che mi abbiano incontrata, e io non ho motivo di dubitarne.
Cosa sono? Chi sono?
Sono tante cose in una sola, un solo nome per molteplici facce.
Nel 1993, con la Dichiarazione di Vienna, le Nazioni Unite mi hanno definita. I potenti della Terra non hanno più potuto fingere che non esistessi
Violenza di Genere, il mio nome all’anagrafe del Mondo.
Definirmi, riconoscere la mia esistenza è stata una mossa astuta.
“Se la conosci la eviti, se la conosci non ti uccide !” Sarebbe dovuta suonare così la campagna per porre fine alla mia esistenza!
E invece no, eccomi qui viva e vegeta, forte dei miei mille trasformismi, degli articoli di giornale, degli infiniti dibattiti sui social, di intere trasmissioni dedicate alle mie esternazioni più efferate e proprio per questo spettacolarizzate.
Il luogo comune, lo stereotipo [sai quelle frasi, quei comportamenti così accattivanti da diventare slogan, mantra che di ascetico hanno ben poco] sono una prima forma di condizionamento, come l’ “incomincio” di un inizio mai dichiarato.
Io Violenza posso essere fisica, psicologica, economica, sessuale.
Un atto che ti sconquassa le viscere e ridisegna la persona.
Posso essere il no che non conta, perché l’unica risposta ammessa è sì.
Il no, in talune circostanze, lo stereotipo racconta, non è una opzione praticabile semplicemente perché non esiste.
Posso essere la carezza che diventa pugno, ma mai il pugno che diventa carezza. Tra le due, la differenza, è nella intensità della forza.
Che poi, mi viene da dire, in un pugno e in una carezza, l’intensità della forza è inversamente proporzionale all’Amore provato per la vittima ed io che sono la Violenza, l’Amore non mi interessa neppure conoscerlo.
Posso essere l’annullamento di ogni forma di indipendenza che passa attraverso il denaro, che forse, a pensarci bene, per la vittima tanto vile non è.
Il mio fine ultimo: Potere e Controllo.
Per questo ho così tante forme, potrei definirmi un mutante ante litteram [esisto da prima del 1993, esisto dalla notte dei tempi]. Solo attraverso un condizionamento profondo, il mio pensiero può proliferare.
Per la vittima io sono la Realtà, la Realtà coincide con me, la mia logica diventerà la sua logica [questi sono i migliori elementi del mio esercito].
E credetemi, una volta che colpisco a fondo, una volta che mi impossesso della vittima, della sua logica, non è così facile mandarmi via.
E la storia che le vittime siano comunque esseri deboli destinati a essere vittime, è un pensiero che mi fa ben sperare per il mio futuro.
Alla fine potete Voi condannarmi per la semantica racchiusa nel mio nome? Potete Voi condannarmi perché uso tutti i mezzi a mia disposizione per sopravvivere e assicurarmi un futuro? Non siete forse Voi Essere Umani a liquidare la mia esistenza a sporadici atti compiuti da soggetti in preda a raptus ?
Se voi sapeste quanto sia illusoria e pericolosa questa speranza. Il terreno fertile è nel quotidiano, in quelle zone d’ombra che non si ha voglia di vedere, è in un volto qualsiasi, in un mondo qualsiasi, in un tempo qualsiasi. Io non ho bisogno della specialità, dello straordinario per proliferare.
Io Violenza di Genere sono condannata dalla semantica del mio nome, dalla mia stessa natura ad essere come sono. Ma tu Essere Umano che non mi hai conosciuta nel profondo, tu puoi scegliere. La tua semantica punta altrove, verso altri mondi, verso altre forme di espressione.
Ed il giorno in cui tu Essere Umano capirai che puoi scegliere, la mia esistenza sarà relegata ad episodi sporadici e non ad una sistematica di pensiero dove la vittima rimane per sempre imprigionata, una tela di ragno che si allenta ma mai si distrugge.
Ora vi ho davvero raccontato un sacco di cose e vi confesso che mi piacerebbe diventare lettera morta e rinascere in altra parola.
(di Sara Masseroni – Ambassador del Progetto Libellula per INGO Group)
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