Ciao Gianni
Le sue considerazioni, i suoi libri, il suo linguaggio scritto e parlato che si fa interprete del piccolo popolo di Monte Compatri – così unito nello spirito dei padri e proteso a tramandare la propria eredità alle nuove generazioni -, la sua fanciullezza rimasta intatta nel ricordo dei giochi per vicoli e muretti e l’adolescenza col suo sapore acerbo e squisito, ma anche la sua maturità sempre in cerca di nuovi sviluppi, tutto questo Gianni ci ha lasciato, e molto di più, ma non basta a colmare il vuoto. Allora si vanno a ricercare i suoi testi, il prezioso “Vocabolario del dialetto di Monte Compatri”, il suo recente (perché dire ultimo?) libro “Fantasia e realtà in dialetto monticiano” che quando fu presentato a Point lo scorso 17 gennaio, assieme a “Ricordi, cronaca, poesie in dialetto monticiano” di Tarquinio Minotti – altra colonna di questo splendido borgo che vanta tra i suoi figli, originari e acquisiti, persone di altissime qualità intellettive e umane – entrambi pubblicati con Edizioni Controluce (e il pensiero corre ad Armando Guidoni, un cuore e cento mani e una mente diamantina), si ricreò fra le parole dei relatori e il racconto degli autori un tempo trascorso e mai passato. E mi colpì allora, e forse oggi se ne può capire il motivo, l’attaccamento che Gianni dimostrò a ogni singolo frammento di ricordo, la commozione che la sua voce emozionata trasmetteva nel riaccendere tanti momenti di vita personale e collettiva, ogni angolo segreto del cuore e del paese messo a fuoco dal potente riflettore della memoria. E perciò caro Gianni ora posso provare a salutarti serenamente, tanto so che non sei andato poi tanto lontano. Hai lasciato qui tanta di quella roba che si fa fatica a realizzare la tua assenza. E se permetti, chiuderei questo mio saluto con un piccolo tuo brano … le monellucce più ciuche se dau da fa’ pe’ remmedia’ iris, ginestre, lillà o fiori d’angelo pe’ rejembì ‘n vasu, méttelu ‘n mezzu a ‘n taulìnu pe’ fa’ devendà ‘na casa povera, ma decorosa, più ricca de quella de li mèjo signùri’.
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