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Chi mistifica la scienza?

Marzo 31
21:52 2013

In tutta franchezza, a me non sembra di avere frainteso il punto di vista di Luca Nicotra, da lui chiaramente espresso nell’articolo Scienza, fantascienza e paranormale (Controluce, dicembre 2012), laddove invita a distinguere i fenomeni spiegabili scientificamente da quelli che non lo sono ancora. Nel mio successivo articolo, intitolato La straordinaria ordinarietà del creato (Controluce, gennaio 2013), io dicevo infatti di trovare convincenti tali argomentazioni sulla base di una sua ammissione, che ritenevo intellettualmente onesta, tesa a non negare aprioristicamente l’esistenza di tali fenomeni, purché a tutti manifesta. Mi sembrava di scorgere in quei discorsi un’apertura mentale sconosciuta al becero scientismo (quello si, mistificatore della scienza) che nega l’esistenza di tali fenomeni in via pregiudiziale (il che è ben diverso dal non essere riusciti ancora a trovarne spiegazioni).

Nello sviluppo del mio articolo, ho poi esposto e sostenuto tesi che non era certo mia intenzione attribuire al Nicotra, intendendo io unicamente “ampliare” una discussione che ritenevo molto fertile e sostenendo tesi la cui responsabilità è soltanto mia. Ogni serio e avveduto ricercatore scientifico, sostenevo nell’articolo, sa bene che la natura è e resterà sempre un mistero. Lo sapeva Galileo, come giustamente Nicotra mi fa osservare rispondendomi (e chissà quanti altri, aggiungo io, sia prima che dopo Galileo), ma ho i miei dubbi che quel presupposto potesse essere stato condiviso dai positivisti e dai meccanicisti del nostro più recente passato. Leggendo il manifesto del Circolo di Vienna del 1929, redatto da Hahn, Neurath e Carnap, vi troviamo: «Precisione e chiarezza vengono perseguite, le oscure lontananze e profondità impenetrabili respinte. Nella scienza non si dà profondità alcuna; ovunque è superficie».
Sarebbe dunque questa la consapevolezza del mistero? Assai diversa, direi, la concezione della fisica attuale, i cui scenari quantistici e subatomici spingono gli operatori ad indagare nell’impalpabile, nell’invisibile: caratteri da sempre attribuiti al mistero. Pienamente d’accordo mi trovo con Nicotra quando spezza una lancia in favore dei processi creativi dello scienziato, sostenendo che l’intuizione del genio scientifico è simile a quella del genio artistico, ed entrambe sono simili a quella del veggente. Mi permetto di osservare tuttavia che a quel livello non ci troviamo ancora nel vivo di un discorso schiettamente scientifico, giacché l’intuizione attiene da sempre, per sua natura, alla categoria mentale del mito. Il che, intendiamoci, merita un grandissimo applauso da parte mia.
Nell’articolo precedente scrivevo che quando l’uomo riconosce e sperimenta di essere parte viva e integrante del creato, e ad esso si affida, ne intuisce confidenzialmente ed umilmente i segreti, i misteri. Tutti i problemi sorgono quando l’intuizione voglia irrigidirsi entro schemi e formule ferreamente logiche, cui tutti si dovrebbero inchinare. Ma di quale logica vogliamo parlare? Il filosofo Bruno Fabi, padre e maestro dell’Irrazionalismo sistematico, avverte che la presunta «esattezza delle cosiddette scienze esatte dipende soltanto dalla costruzione convenzionale dei relativi sistemi». Semplificando e forse brutalizzando il discorso, potremmo dire che due più due fa quattro nel sistema di riferimento del quattro, ma in sé e per sé il quattro non esiste, perché non è che un punto di una progressione numerica infinita.
È dunque un artificio di comodo ritagliare la mattonella del quattro senza tener conto delle sue sconfinate relazioni. Intendo dire che la realtà su cui la scienza indaga non è la vera realtà – che è e non può non essere “il tutto” – ma una sua manifestazione particolare: il che ne modifica certamente prospettive e risultati. Ben venga tale arbitrio, intendiamoci, se l’uomo ne è consapevole e se davvero gli è utile (fin quando lo è) nella vita pratica. Non è lecito tuttavia pensare che la logica scientifica possa venire accettata e capita da tutti, se è vero che ognuno ha i propri sistemi di riferimento relativi. Ci si possono scambiare informazioni, e questo è arricchente ed utile, ma le varie logiche si equivalgono e nessuna di esse ha il diritto di prevalere. Molte persone ritengono che sia più facile avvicinarsi ad un’opera d’arte che ad una dimostrazione scientifica. Molte altre preferiscono un teorema filosofico, ed altre ancora una dottrina religiosa.
Qual è dunque il linguaggio universale? Tutti lo sono, fin quando aleggiano come uccel di bosco, senza farsi catturare dalla presunzione materialistica, dall’ansia di dominare. Purtroppo si tende quasi sempre a fare del mistero un dogma e del simbolo un feticcio, coartando gli esseri e obbligandoli pretestuosamente al rispetto di presunte verità universali. Che di universale, a quel punto, non hanno proprio nulla, avendone smarrita la tensione originaria. Da qui inizia lo sviluppo, ma anche il declino delle culture. Nei momenti iniziali del mito, che sono anche i momenti aurorali di ogni processo culturale, l’umanità è vergine e si esprime nel linguaggio del mistero e dell’incanto, che è poi il vero idioma universale.
La scienza ha moltissimi pregi, ma possiede limiti che le impediscono di cogliere la profonda natura del mistero e dell’incanto. I quali chiedono di essere osservati ad occhio nudo, senza bisogno di particolari occhiali. Ad occhio nudo si deve guardare la vita per poterne cogliere gli umili portenti quotidiani. Se io amo una donna e ne vengo riamato, devo forse chiedermi se ciò è scientificamente provato? Sono arciconvinto che i prodigi siano quanto di più normale possa esistere, e lo dico sapendo di attirarmi l’odio di tanti che con essi arricchiscono, imbrogliando chi si vuol fare imbrogliare. Ciascuno, dando il meglio di se stesso, compie qualche miracolo, e sta qui l’assoluta democraticità del sesto senso, sinonimo del buon senso dell’uomo comune. Esso è alla portata di tutti e non di pochi eletti (ovviamente, ciascuno secondo il proprio potenziale), mentre la logica, come ogni altro linguaggio culturale, è accessibile solo agli specialisti, agli iniziati.

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