Chi era Amina Filali
Amina, marocchina, aveva solo quindici anni quando Mustapha abusò di lei, e ne aveva solo sedici quando decise di togliersi la vita. Il suo gesto estremo fu la risposta a un sistema legislativo che, contrario a qualunque standard minimo di protezione dei diritti umani, autorizza lo stupratore a sposare la sua vittima per evitare il carcere. Lo stupro viene definito negli atti d’accusa marocchini come un «attacco al pudore che fa seguito a una violenza e che è causa della deflorazione di donne minorenni» non è considerato una offesa all’integrità fisica e morale delle vittime, bensì come lesione alla morale pubblica e danno per le famiglie.
Riferisce un’attivista: «Una donna è sempre considerata responsabile della violenza che ha subito. Se non sono i vestiti che indossa, è il suo modo di camminare, di guardare, di parlare che ha provocato l’aggressione. Quando le ragazze maggiorenni si presentano alle associazioni femministe o nei consultori per parlare delle violenze sessuali subite, il nostro consiglio è di evitare di sporgere denuncia in mancanza di prove. Altrimenti corrono il rischio di essere a loro volta perseguite per dissolutezza».
L’onere della prova è a carico della vittima e «invece di accertare la colpevolezza o meno dello stupratore, le domande del giudice e dei poliziotti si concentrano sui costumi della ragazza che osa sporgere denuncia, sui suoi rapporti con il presunto autore della violenza, sulle sue frequentazioni. L’intento è cercare ogni via per far ricadere la responsabilità sulla donna».
Il codice marocchino, risalente al 1962, è contrario alla tutela dei diritti delle donne e molte sono le disposizioni che andrebbero modificate. È per questo che anche Amnesty International si sta mobilitando attraverso un appello on line. a cui tutti dovrebbero aderire apponendo una semplice firma (www.Amne sty.it/marocco_legge_violenza_ses suale). Perché lo stupro è sempre una violazione dei diritti umani, anche in ambito familiare, ed è indipendente dai rapporti avuti o meno dalla donna.
L’impegno di tutti potrebbe salvare la vita di altre giovani donne e bambine che, in quel Paese e non solo, vengono private e spogliate della loro dignità di esseri umani. La tutela dei diritti, in tutto il mondo, è dovere di ogni persona, anche attraverso piccoli e quotidiani gesti.
Rispondiamo all’appello di quelle donne; non volgiamo lo sguardo altrove.
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