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C’è Treja e Treia – Miti sull’origine del nome e toponomastica

C’è Treja e Treia – Miti sull’origine del nome e toponomastica
Marzo 01
07:57 2020

Non vi sono dubbi che sin dalla più remota antichità i nomi dei luoghi traevano la loro origine da persone, reali o divine, che avevano  qualificato con la loro presenza il luogo stesso. Ciò, ad esempio, è evidente per il picco della Maiella, che prese il nome dalla ninfa Maya, e ciò vale anche per il fiume Treja, collegato alla dea Trea, con la differenza che per quanto riguarda la Maiella si fa riferimento ad un mito, mentre nel caso del Treja c’è l’evidenza storica.

Tale evidenza è derivata da una ricerca fatta dall’archeologo inglese Potter, che negli anni 60 dello scorso secolo, diresse una campagna di scavi nel cuore della valle del Treja. I ritrovamenti da lui effettuati sconvolsero l’intero panorama del periodo storico antecedente la fondazione di Roma e mandarono all’aria le conclusioni di parecchi studiosi da biblioteca che basavano la loro conoscenza sulle tradizioni scritte. Nel luogo ove oggi esiste un parco regionale, chiamato per l’appunto “Valle del Treia”, ubicato tra gli abitati di Calcata e Mazzano, attorno a 1.500 anni a.C e forse anche prima, insistette una civiltà fiorente, la mitica Fescennium, il cui fulcro originario era posto su tre colline, oggi denominate Narce, Pizzopiede e Montelisanti.

Attualmente, come spesso succede, questi luoghi sono disabitati ma per secoli nel sottosuolo  i contadini vi rinvennero importanti reperti ed oggetti di pregio. Proprio questa dovizia richiamò l’interesse del Potter, il quale, da buon inglese che non si lascia influenzare dai libri ma conta sulla ricerca nel campo, scoprì vestigia che mai si sarebbero immaginate, basti pensare che metà dei sotterranei e delle sale di Villa Giulia, a Roma, ed il museo di Forte Sangallo di Civita Castellana, traboccano di materiali preziosi, sculture, monili, armi, etc. che dimostravano l’opulenza di quella primitiva città policentrica.

Una ricchezza che non poteva essere giustificata dall’agricoltura e dalla pastorizia e nemmeno dai commerci, in quanto il Treja non è navigabile, e quell’antichissimo sito era  situato all’interno di un territorio impervio. Cosa c’era dunque di tanto importante in quel preciso punto della Valle del Treja? Il Potter risolvette l’arcano allorché scoprì,   in una spianata lungo il fiume, sotto ai tre abitati suddetti, i resti di un vetusto tempio che si fa risalire alla Dea, in forma di Alma Mater (Giunone, la Grande Dea), signora dell’abbondanza e della grazia, e della quale il fiume era il sacro luogo delle abluzioni, da qui il suo nome Treja.

Insomma quello era un luogo di pellegrinaggio e pertanto la sua ricchezza, confermata da tutti quei meravigliosi reperti storici rinvenuti dal Potter, era legata alla frequentazione di migliaia e migliaia di “fedeli”. La stessa cosa, in tempi più a noi vicini, è accaduto a Roma, in quanto capitale del cattolicesimo e sede del papato.

Appresi notizie certe sulla civiltà di Fescennium, nella valle del Treja, attraverso  Gilda Bocconi, una archeologa che  operò nei siti predetti (vedi articolo collegato: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2009/02/10/gilda-bocconi-e-la-mitica-fescennium-sparita-e-ritrovata-lantichita-ed-il-lignaggio-di-calcata-fra-storia-e-psicostoria-il-viaggio-dei-falisci-dall%e2%80%99indo-al-treja/ ).  Pertanto verso l’inizio di questo millennio rimasi meravigliato nello scoprire che esisteva, anche nelle Marche, un altro toponimo dedicato alla Dea, un borgo medioevale che porta il suo nome, Treia appunto,  per primo  me ne parlò un suo abitante, trasferitosi a Calcata, il prof. Giancarlo Croce. Una decina d’anni dopo conobbi un’altra persona originaria di questo borgo, ed è la mia attuale compagna Caterina Regazzi, la quale nel 2010 dalla valle del Treja mi condusse a Treia,  per dimostrami la sua esistenza ed io qui rimasi, affascinato dal luogo.

La presenza della Dea anche qui è molto forte, infatti nel sito archeologico ove insisteva la città antica furono rinvenuti parecchi oggetti di culto dedicati alla Madre, tant’è vero che a tutt’oggi esiste il culto  della Madonna Nera, che altri non è che la trasposizione cristiana della Dea.  Il toponimo  originario di  “treia”   è   basato anche  su alcune “presenze” che suggeriscono un legame fra Treia e le culture ariane (una curiosità: esiste una Treia anche in Germania). Il nome stesso  denota  l’appartenenza a una società matristica indoeruropea: Atreya, in sanscrito,  è il nome della  divina madre di Datta, il maestro primordiale.

Anche secondo lo storico marchigiano Samuele Sabatini la città di Treia trae origine dalla divinità ariana Trea-Jana (che rappresenta la Dea delle selve, Diana, simbolo della Luna). Inoltre è motivo d’interesse storico la raffigurazione di un cinghiale sul frontespizio della chiesa del SS. Crocifisso (ove insisteva l’antica città di Treia), un animale che è collegato alla Dea Freya che viene spesso raffigurata in groppa al facocero. Il cinghiale (o maiale) è da sempre un simbolo della Dea Madre, in tutte le culture matristiche dal  neolitico sino ai nostri giorni.

 

Una testimonianza: “Treia – Freya: la rima c’è ed anche la pronuncia è simile. Viene in mente l’ipotesi che il nome della cittadina maceratese possa provenire da quello della Dea. Chissà, ci vorrebbero gli esperti per confermarla ma, allo stato attuale, gli esperti mancano.

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