CATTOLICI E PRESENZA POLITICA
E’ da poco passato l’anno centenario dell’appello di Luigi Sturzo agli ‘uomini liberi e forti’, da cui scaturì la fondazione del Partito Popolare Italiano. Era il 1919 e per la prima volta ai cattolici era consentito di partecipare non solo come elettori ma anche come candidati alle elezioni politiche dopo oltre 40 anni di ‘non-expedit’.
Sturzo – passata la grande tragica vicenda della prima guerra mondiale in cui anche i cattolici si ritrovarono uniti a tanti a combattere in prima linea e per la rima volta si sentono di far parte dello stato nazionale -, riuscì a dare vita ad un partito che pur con ispirazione cristiana era comunque decisamente aconfessionale come il sacerdote calatino ebbe più volte a ribadire affermando che il cattolicesimo è religione, è universalità; il partito è politica, è divisione, per questo non lo volle chiamare ‘partito cattolico’; inoltre il partito rappresenta una sola parte di coloro che ovviamente ne condividono programmi ed obiettivi. Nelle prime elezioni cui partecipò, il PPI riuscì a conquistare ben 100 seggi in parlamento (il Partito Socialista ne ebbe 156, il Liberale radicale 96). Si sa poi come finì quella vicenda e le sorti dei partiti in Italia in quel primo barlume di democrazia: il fascismo conquistando successivamente il potere, si premurò di eliminare ogni sorta di partecipazione democratica.
Nell’anno centenario quindi del PPI (1919) e nel sessantennio della scomparsa di don Luigi Sturzo (1959), sono state numerose le pubblicazioni che ne hanno ricordato la figura e gli avvenimenti. Una di queste ultime ricerche è quella data alle stampe da Ernesto Preziosi, presidente del Cerses (Centro Studi Storici e Sociali), di cui è emanazione l’Associazione di amicizia politica ‘Argomenti2000’ che già da un quindicennio è attiva con una rete di gruppi in tutta la Penisola.
Preziosi, ripercorrendo il percorso storico del Partito Popolare – di cui lo storico Chabod affermava come fosse stato ‘il più importante evento politico del XX secolo’, quale fondamentale e innovativa intuizione di Sturzo, – ne sottolinea i caratteri che lo hanno distinto nella sua pur breve vita, tra cui quello della libertà, la distanza dai totalitarismi, e soprattutto l’esperienza popolare. L’Autore, ripercorrendo la vicenda del partito sturziano, in uno sguardo d’insieme, ne esplicita alcuni di quei caratteri che restano fondamentali ancora oggi per una esperienza politica che, con l’apporto dei cattolici si possa situare nel contesto del pluralismo politico-partitico. In questa prospettiva Preziosi, ripercorre a grandi linee anche la presenza dei cattolici dopo il secondo dopoguerra, dalla nascita della DC degasperiana fino al centrosinistra e quindi all’esperienza dell’ ‘Ulivo’ e della recente cosiddetta ‘diaspora’ dei cattolici.
Di fronte a quanti, da una parte rimarcano una certa ‘afasia’ dei cattolici, e dall’altra a quanti vorrebbero la ricostituzione di una nuova DC, e in una fase dove populismi e sovranismi, che spesso si richiamano astrattamente a principi cristiani contemporaneamente smentendoli nella prassi giornaliera, occorre da un lato confermare la necessità che comunque un cattolico ‘deve’ fare politica, come ha affermato recentemente papa Francesco, nell’ottica di quanto affermava Paolo VI che definiva “la politica è una delle forme più alte della carità, perché cerca il bene comune”, e nello stesso tempo chiedersi che posto debbono avere i cristiani in politica mediante una scelta che non può non scaturire da una precisa e intelligente lettura della situazione storica attuale in questa epoca in cambiamento.
Fare politica non consiste pertanto nel fondare o rifondare un partito politico – anche se nessuno lo vieta – ma, in un contesto come quello italiano caratterizzato da una vasta frammentazione, da rivendicazioni settarie o identitarie nonché da risorgenti rigurgiti xenofobi e antidemocratici, occorre – come viene chiaramente ribadito nel libro di Preziosi – andare nella direzione di lavorare su due piani distinti: “quello della formazione e quello della presenza politica”, per contribuire a portare a soluzione quella che non è solo una crisi politica, ma è culturale, morale, spirituale, non per niente la “frantumazione e la diaspora del mondo cattolico si è prodotta più in profondità del solo livello sociale e politico, ma si tratta di una frammentazione che riguarda in primis il livello ecclesiale”, e quindi scaturisce da una differente visione teologica.
Del resto nel convegno ecclesiale di Firenze(2015), era stato molto esplicito papa Francesco, allorché aveva affermato che “la nazione non è un museo, ma un’opera collettiva in permanente costruzione in cui sono da mettere in comune proprio le cose che differenziano, incluse le appartenenze politiche o religiose”.
Indubbiamente oggi – ma esperienze in questa prospettiva ci sono già – occorre lavorare su tre livelli: la formazione di base del cristiano, il radicamento sociale e la dimensione culturale della politica, e, in terzo luogo la partecipazione ‘politica’ nelle amministrazioni, partiti, istituzioni.
Dentro questa realtà, è anche fondamentale “la proposta di un incontro-confronto di quanti sono interessati e coinvolti nel servizio politico alla luce dell’ispirazione cristiana”, affinché, prima ancora di pensare a nuovi partiti o aggregazioni che occupino spazi, si pensi concretamente ad un progetto per il Paese al quale i cattolici possano portare un proprio specifico e originale contributo.
Nel volume di Preziosi (Cattolici e presenza politica ed. Scholé, Brescia 2020, euro 18,00) sono numerosi e puntuali gli spunti per vivere con responsabilità l’attuale fase storica, recuperando in pieno la grande eredità culturale e politica lasciataci dal fondatore del PPI.
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