Le mani con un tremito Del telefono stringevano il filo; Mi aveva poco prima
S’abbassa il cielo sotto il peso delle nubi II mare si gonfia
Tutti i giorni Gli stessi sorrisi mancati Le stesse parole non dette
Dammi un cenno o mio poeta, tendi la mano avida e dimmi,
Volevo dirtelo così, semplicemente, affinchè non lo scordassi…
Torrenti limpidi di amore mi scrosciano dal mondo nei precordi: estasi
Domenica è una festa per famiglie Non per noi vomitati sulla terra con una valigia d’incertezze
Un pianto arriva dalla lontananza dei millenni, un pianto atteso disperato e dolce.
Tutti ruina, orgoglio funesto di parole strozzate e sguardi crucciati,
Non so su quale via agitata dal vento di novembre che avvolgeva le piazze come corde d’impiccato
Io creatura selvatica temo le parole fredde dure indifferenti
Il cuore piange in silenzio. Non tento di consolarlo, lo ingannerei.
Un pensiero valica i monti si allontana da te in un cielo antracite
Il luogo caro Amar non so, e come me fecer altri e ancor faranno,
Ero, sono fra la confidenza ridotta in cenere confinata nell’armadio dei segreti.
Quando di vita il corpo mio si fa a sé maestro quando il corpo mio si fa sete
Se la brezza si cessa, il caldo prima immobile, bolla di calore,
Ognuno il suo numero, ognuno la sua catena, ognuno i suoi peccati.