“Caro Enigma”, di Antonio Coppola
Un libro ricco di “allusioni alla sua vita intima”, così come ravvisato nella prefazione di Bonazzi, ma, a mio parere, non occorre trincerarsi per “legittima difesa” o come “gesto terapeutico”, quando il livello della poesia è alto e sentito, come nel caso dell’autore, il verso diviene comunque ineluttabile testimonianza. I richiami alla Calabria, terra intimamente legata all’adolescenza dell’autore ed in contrapposizione a Roma, la grande città, che risucchia emozioni e condensa ricordi, sono onnipresenti ed introdotti dai versi del conterraneo Lorenzo Calogero, forse meno in vista ma tra gli eccelsi dello scorso secolo. Il tempo è la tematica portante della silloge poetica, segnato “nella conscia, terrena polvere”. Luoghi che segnano “specchi multipli di ricordi”, dove Reggio si radica “nel disegno profondo/di altalenanti orizzonti”, ondivaga linea tra il percettibile e l’impercettibile, dai richiami agresti, rigogliosa di azalee, ribes, meli, agavi, glicini e peschi. “Luogo amato” è lo Ionio, ” che dilaga come l’ombra/che s’insanguina al respiro”, “mare muto”, “ombra e gioia di bimbo”. “Ombra prigioniera/della sera che scava/nidi nel cuore”, “amore difficile/dove ti specchi e ti consumi”. Specchi ed ombre sono simboli ricorrenti nella poetica dell’autore, i primi introducono all’enigma attraverso labirintiche riflessioni indotte dal vivere, dalla constatazione che il tempo, prima o poi, finisce per trasformare ogni cosa, prima ancora di morire, accerchiandoci in una morsa. Le ombre sono l’enigma che si manifesta, anzi il “caro enigma”, mistero che si protende dall’oltre sul piano fisico. Poeta che resta “recidivo nei ricordi”, altrove addirittura “inghiottito” e in questi ritrova “pensieri fuggiaschi”, pensieri che demarcano il muro eretto “nella lenta corsa dell’effimero”. Amore che scandisce il tempo, le stagioni (“un solo amore mi separava ad un passo/del tuo amoroso passaggio”) e si struttura nella memoria, quanto altrove scaturisce dall’ “armistizio del cuore” (“funambolo/d’amore trasmigro pensieri/ad altro cielo di memoria”). “La vita sono questi giorni/contati allo specchio”, che suggella il confine che attende, mediato tra riflessione e trasformazione, mentre l’ “atonia” prende piede, tra “coscienze mute”, nei “vetri ciechi del tram”. Versi sospesi tra l’appiattimento della quotidianità e lo slancio onirico. Un presente vuoto e opprimente cozza sull’integrità adolescenziale, fagocitato dall’ansia “sulla vita che s’allontana”, ma altrove compare anche un “battello ebbro”, che Coppola vorrebbe ancora dirigere verso la sua Reggio. Da segnalare altresì che l’autore dirige la rivista letteraria I Fiori del Male. Roma Termini, probabilmente, è tra le sue poesie con più conclamate radici a tema, con “fumi acri”, “uggiosa peste”, “Termini è un crocevia maledetto”.
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