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Carlo Santucci  “Ai  confini del cielo”

Carlo Santucci  “Ai  confini del cielo”
Dicembre 01
11:40 2021

 

     Dalla lettura dell’ultima opera di Carlo Santucci, “Ai  confini del cielo”, Albatros editore, emergono subito alcuni elementi essenziali, saggezze che  s’intrecciano tra loro: l’amore per la scrittura, l’amore per la conoscenza interiore e la meditazione.

La narrazione in alcuni racconti – i primi tre in particolar modo- si arricchisce della piacevole svolta che ad un tratto avviene rendendo visibile e vivace quella sorta di substrato che è la letteratura surreale della quale l’autore ne fa, vittorioso, il suo cavallo di battaglia. Tutto ciò ha un suo preludio nel primo breve scritto con il maestro che racconta e il giovane che, lontano da tutto e da tutti, si pone in atteggiamento di ascolto per aprire l’opera, la quale pian piano  si eleva portandoci in giro per il mondo, con i suoi viaggi, in una realtà gustosa e liberatrice.

Il lettore naviga, esplora errando all’interno del sogno o meglio all’interno di quel pensiero che diviene arte, immagine, dipinto attraverso le parole, quei “ventuno segnuzzi”  che  magistralmente composti consentono di comunicare l’immensità. Narrando. Le magiche descrizioni dell’ambiente naturale, quello della vegetazione ma soprattutto quello marino, contribuiscono, nella realizzazione letteraria, a edificare un concerto di legami anche con luoghi, animali e piante che s’inseriscono tra le visioni, le allegorie e i risvegli dei personaggi.

In modo naturale, pennellando qua e là, con piccole o grandi digressioni l’autore romano passa ondeggiando come la risacca, dalla letteratura classica  alle gesta dei personaggi storici, ai martiri, alla mitologia…  inserendo anche l’interessante e commovente riferimento autobiografico ambientato nel suo quartiere della Garbatella e lo stesso padre il quale, durante la seconda guerra,  lo lasciò orfano alle cure della giovane madre, sposa di un giorno; scritto, questo, che chiude ad effetto coinvolgendo il lettore e confermando ancora una volta la valenza della visione onirica anche nel racconto neorealistico.

Lo scrittore Carlo Santucci, socio della Pro Loco di Ciampino, ci omaggia così della sua passione per le lettere e ci rende partecipi  senza mai staccarsi dal piacere di entrare in sintonia con colui che vuole farsi rapire e trasportare dal flusso creativo. Attraverso la sua opera, l’autore invita alla riflessione per ricordarci che la nostra dimensione primaria è umana, inconscio compreso nel suo caleidoscopio, e in questa intimità apparentemente sconosciuta ci ritroviamo con noi stessi; l’uomo ha bisogno di consapevolezze, le cerca per completare il tessuto dell’identità, come trama ordito, per stare in sintonia con se stesso, per poter stare bene con gli altri.

La delusione di Francesco, protagonista d’apertura dell’opera non è altro che la forza per guardare avanti in un mondo che dice l’autore, attraverso uno dei suoi personaggi,“Non lo si può cambiare  soltanto alzando polvere” e  chiede poi al giovane Pietropaolo : “ Di che ti occupi? La sera prima di addormentarti qual è il tuo stato d’animo? Quello di chi ha trascorso un’altra giornata inutile?”.

Per vivere è necessario cercare, osare anche oltre le Colonne d’Ercole, conoscere in un mondo che rischia di divenire cieco da quegli occhi interiori, quelli preposti a guardare l’essenza, affinché la rivalutino.  Ed è anche narrando che si può amare e sognare, andare ovunque, anche “Ai confini del cielo” !

 

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