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Carlo Borromeo, teatrante, artista, museologo – 3

Carlo Borromeo, teatrante, artista, museologo – 3
Maggio 29
22:00 2013

mazzaglia-images3Come terza tematica, vi illustro alcuni episodi caratteristici per delineare la figura del Cardinale Borromeo, attraverso uno studio di alcune delle Sue epistole. Significativo è l’avvenimento citato dal Cattaneo1, riguardo l’astio tra il Borromeo e il governatore di Milano, Marchese d’Ayamonte. Il marchese, infatti, aveva organizzato per i milanesi giochi, feste e mascherate, in ogni domenica di carnevale, e il popolo aveva ben accettato accorrendo numeroso. Il Borromeo cercò di rispondere promettendo cento giorni d’indulgenza a chi invece avesse partecipato alle funzioni religiose.

Questa occasione incentivò il cardinale anche dal punto di vista letterario. Il 22 febbraio il Borromeo pubblica un’epistola, in cui condanna le «profane invenzioni del demonio, con migliora di dissoluzioni, che ne vanno appresso in questi tempi specialmente di Settuagesima, Sessagesima e Quinquagesima consacrati a pianto e lutto sopra l’esilio nostro in questa valle di miserie».2 Ancora, pubblica l’editto per l’osservanza della Quadragesima in esecuzione del Concilio di Trento et de i Concilii Provinciali.3 Pubblica, il Memoriale, al popolo milanese, in cui condanna la pazzia carnevalesca di chi non riconosce la salvezza Divina (sempre citando l’episodio della peste) e non rende grazie. 4 Il Borromeo lancia anche numerose scomuniche sui milanesi che prendono parte alle feste “baccanali”. Il 4 febbraio 1581 pubblica un altro editto5 per l’ultima settimana di carnevale e la Quaresima. Il 29 gennaio 1584 pubblica una lettera con la quale stabiliva un nuovo ordine di processioni e Comunioni generali per la settimana si settuagesima ed altri esercizi spirituali per le altre due settimane di prequaresima.6 L’intervento del cardinale Carlo Borromeo verte anche sul carnevale, come avvenimento che investe violentemente sul clima di preghiera e di preparazione cristiana alla Pasqua, portando un clima di disordine e scandalosa metamorfosi. Interessante è, in merito a quanto detto, un suo testo del 1579: «Siano ormai perpetuamente bandite le maschere, con le quali pare che gli uomini studino non solo di trasformarsi, ma di scancellare in un certo modo quella figura che Dio ha dato loro; anzi, alcuni vanno tanto innanzi in quella brutta pazzia, che rappresentano quelle metamorfosi antiche con trasformazioni in bestie».7 Con il Borromeo si viene a creare una nuova forma di festa e di pratica devozionale, che porta severità e rigore nei soggetti protagonisti, il tempo, lo spazio, il gruppo. Il tempo visto come tempo liturgico, di rievocazione della vita di Cristo, spazio, come città, e gruppo come popolo fedele, credente e praticante e viene sottolineato come il caos della piazza viene a disturbare tutto questo. In alcuni casi i travestimenti arrivavano all’interno della chiesa, disturbando l’esposizione del Ss. Sacramento per la celebrazione delle Quaranta ore: «Che nessuna persona di qualunque qualità che sia ardisca entrare con maschera nelle dette Chiese… ancor che entri a fare oratione, poi che non è cosa decente, né conveniente, che stando il S.S. Sacramento discoperto se gli faccia orazione con maschera, oltre che di tali mascherati non si presume che entrano con la intenzione che si deve…».8 Il Borromeo voleva riportare Milano alla moralità dettata da Sant’Ambrogio, ne è testimonianza la Lettera pastorale sulla Settuagesima, emanata il 1 febbraio 1574: «Questi erano gli esercizi e le occupazioni della Chiesa, e di tutti i fedeli in questi tempi di S. Ambrogio, così di pianti, lagrime, penitenza, riconciliazione ed altre simili opere per riconciliarsi con Dio, e così essere disposti al digiuno Quadragesimale, in luogo delle quali tanto ha prevalso il Demonio, che si sono introdotte risse, inimicizie, giuochi, balli, commedie, spettacoli, conviti, crapule, e ogni sorta di dissoluzioni e offese di Dio».9 Secondo alcune testimonianze sembra che il disturbare le celebrazioni liturgiche e le diverse forme di preghiera, sia stato voluto proprio dall’intenzione di creare una sorta di invasione nel sacro, per distogliere l’attenzione dei fedeli attirandoli anche all’altra faccia della festa. «Ed in giorni di festa, anzi nel medesimo tempo, che nelle Chiese si dicono i divoti officij, e sta scoperto sopra l’altare per l’orazione pubblica il S.S. Sacramento, o si porta in processione, vediamo far concorrenza agli spettacoli profani, e quasi su le porte della Chiesa Maggiore, quando suonano le campane invitando i fedeli a vedere Cristo impiagato, e morto per i peccati nostri, suonano le trombe, strepitano i tamburi a disviar gli uomini dalla Chiesa, dalli divini officij, e tirargli alle giostre, e spettacoli profani; e vedere crocifiggere di nuovo Cristo con tanti nuovi peccati».10
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1 Cattaneo E., Carnevale e Quaresima nell’età di San Carlo Borromeo a Milano, op. cit., pp. 61-62.
2 Castiglione G.B., Sentimenti di San Carlo Borromeo intorno agli spettacoli, op.cit., p. 190.
3 Cfr. facsimile in «Humilitas.Miscellanea storica dei seminari milanesi» 1928, p. 52.
4 AEM, op. cit., II 710-824.
5 AEM, op. cit., II 1129-1134.
6 AEM, op. cit, III, 498-500.
7 AEM, op, cit., v. III, col. 710.
8 Archivio Storico civico di Milano, Gride 3, 61.
9 AEM, op. cit., v.III, col. 491.
10 Castiglione G.B., Sentimenti di San Carlo sugli spettacoli, op. cit., pp. 94-95.

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