“Capitale algoritmico”: il nuovo libro di Ruggero Eugeni
Aprile 23
07:59
2021
Da una lunga serie di incontri, conferenze, convegni, workshop svolti negli ultimi anni in Italia e all’estero – con annesse discussioni e tesi esposte nelle raccolte di atti o riviste scientifiche – nasce questo libro segnato da una convinzione di fondo. E cioè che «i dispositivi tecnologici parlano e vanno ascoltati». Proprio come avviene per i testi o i discorsi che essi permettono eventualmente di produrre, inviare e ricevere «e in quanto tali vanno analizzati congiuntamente ad essi», integrando dunque la semiotica del discorso con una semiotica dei dispositivi materiali. È l’approccio induttivo usato da Ruggero Eugeni nel nuovo saggio dal titolo Capitale algoritmico. Cinque dispositivi postmediali (più uno), Scholé-Morcelliana. Si tratta di un’analisi stringente di alcuni dispositivi visuali digitali (definiti dall’autore “postmediali”), orientata tanto alla loro struttura interna quanto ai processi e alle pratiche del loro utilizzo; e costantemente guidata dalle domande “cosa facciamo oggi con le immagini?” e – soprattutto – “che cosa le immagini fanno con noi e di noi?”. Ecco dunque sfilare sotto la lente analitica di Eugeni, i Google Glass, le camere a campo di luce, i visori notturni, la realtà estesa, le reti neurali e la fotomicrografia elettronico-digitale. Quest’ultima il “più uno” del titolo che riesce a sistematizzare lo sfondo concettuale emerso dalle singole analisi. Non è tutto. «Nel momento in cui consentono di gestire l’interazione con il mondo, i dispositivi postmediali mobilitano una serie di risorse (che possono essere materiali, energetiche o informazionali), ne guidano gli andamenti e le relazioni reciproche e le assoggettano a una serie di regole e di circuiti prefissati: a una eco-logia si lega immediatamente una eco-nomia», scrive qui Eugeni confermando un approccio oltre che ecologico, economico in senso ampio. Più esattamente, argomenta Eugeni, sono tre le grandi economie mobilitate da tali dispositivi: quella del visuale, cioè la circolazione di immagini; quella della luce, cioè la circolazione di energia luminosa; e quella dell’informazione, la circolazione di dati. Esse vengono intimamente connesse attraverso uno sviluppo “archeologico” che passa attraverso apparecchi tecnologici oggi dimenticati (come per esempio il perceptron di Frank Rosenblatt), ma pure fondamentali per determinare la situazione presente. Una situazione in cui le immagini computazionali (che l’autore chiama in queste pagine algoritmi), appaiono al tempo stesso oggetti e strumenti dell’estrazione e distribuzione delle risorse comuni: il “capitale algoritmico” si definisce in tal modo come la reale posta in gioco della società postmediale.
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