Calcio dilettantistico, palestra di odio
Premessa: lo scrivente non parla da osservatore esterno, disinformato e disinteressato ma da amante e praticante del calcio da più di trent’anni. Pertanto, quanto esposto non è ascrivibile ad una innata avversione per questo sport ma, al contrario, dal dispiacere nel vederlo ridotto in questo modo. Venendo al dunque, avete mai fatto un giro nei campi di calcio lontani dai riflettori mediatici? Quelli per intenderci dei paesi, delle periferie e delle categorie minori, che ogni settimana constano di migliaia e migliaia di partite di ogni categoria da nord a sud. A pensarci bene è un evento di dimensioni incredibili.
Un regolamento uguale in tutto il mondo accomuna i praticanti di uno sport che viene giocato da milioni e milioni di appassionati, spesso nelle condizioni più disastrate. Trasferte impossibili, equipaggiamenti rimediati, costose organizzazioni, caldo, freddo, pioggia… il tutto in omaggio all’amore per quella sfera di quasi mezzo chilo di cuoio gonfiato. E a cosa serve tutto questo? A tante cose, ma purtroppo statisticamente trascurabili. Lo scopo ormai principale del movimento calcistico è diventato uno solo, sfogare le proprie frustrazioni e vomitare il proprio odio in via diretta o indiretta. È sufficiente passare una domenica ad assistere alle gare di diverse categorie, pulcini compresi, per conoscere un sottobosco di bestie difficile solo da immaginare. Certo per fortuna non sono tutti così, ma rimane molto difficile pensarlo assistendo alle partite che nel weekend infiammano i nostri campetti. A parte i giocatori e i dirigenti che, in prima persona, danno sfoggio delle peggiori espressioni di inciviltà, il vero spettacolo lo offre il pubblico che, è chiaro, assiste alle gare non per gustarsi la partita ma per avere la scusa di tirar fuori il peggio dell’animalità umana. Arbitri malmenati, inseguiti, in alcune regioni spesso presi a pistolettate, promesse di vendetta all’uscita verso gli avversari, minacce e scontri coi tifosi avversari in quanto è onta grave simpatizzare per un’altra squadra. È qui che emerge il peggio dell’idiozia italica. Gente beota fino al midollo, ignorante come capre che non riesce ad emettere che concetti men che elementari in quanto vive la propria vita allo stesso livello di un gregge di pecore che la domenica non ha nulla di meglio da fare che incitare i propri bambini a spaccare le gambe ad altri bambini. In pratica, somari dalle sembianze umane (e, spesso, nemmeno quelle) che non riescono a dare un senso alla propria esistenza se non ragliando insulti e minacce o dispensando botte in base a motivazioni che di più stupide non esistono al mondo. Lascia esterrefatti proprio la premeditazione dell’evento, che non è uno sporadico e comprensibile momento d’ira per un gol sbagliato, ma una scientifica e pianificata giornata durante la quale l’homunculus stadiensis decide di andare a vedere la partita sia per fomentare l’odio verso gli avversari incitando i propri ‘beniamini’, sia per cercare lo scontro coi tifosi avversari. Evidentemente deve trattarsi di persone che, purtroppo, hanno una vita talmente vuota e priva di qualsiasi interesse da non riuscire a colmarla con altro che non sia il peggio possibile dei comportamenti umani. Gente che forse non ha mai letto un libro in vita sua e che a malapena conosce il proprio nome, indirizzo e marca dell’auto. O anche frustrati, violenti di professione, impotenti e vessati che, chi per un motivo chi per l’altro, non ha altro sfogo alle proprie penose esistenze. Resta il fatto che nulla può giustificare quel circo di animali pericolosi che settimanalmente infestano i campi di calcio rendendoli luoghi dai quali sarebbe molto meglio stare alla larga. È un peccato per tutti quelli che invece si impegnano per instillare nei bambini i valori dello sport, quando poi genitori e spettatori vanificano il lavoro svolto da allenatori coscienziosi e capaci. Ma chi ha un figlio farebbe bene a tenerlo lontano dai campetti di calcio e portarlo piuttosto in quelli di atletica o di rugby, dove nonostante un contatto fisico molto più marcato, il rispetto di avversari e tifosi è sacro, e infatti le partite a qualsiasi livello si svolgono sempre senza alcun problema, compreso quel famoso ‘terzo tempo’ dove a fine gara tutti quanti si ritrovano allegramente a festeggiare l’evento sportivo mangiando e fraternizzando. Non deve pertanto stupire quello che accade nei campi delle categorie più alte visto che la base di tutto è proprio qui in mezzo a noi.
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