Bracconaggio Uno scempio silenzioso e raccapricciante
“Trappole e lacci: questi i mezzi che usano i bracconieri. Vigliacchi senza scrupoli e senza dignità, che depredano la natura, brutalizzano gli animali e intaccano un patrimonio di bellezza e biodiversità di tutti noi.” Le parole del presidente del parco, Luciano Sestili, non potrebbero essere più chiare.
“Negli anni con i nostri guardiaparco abbiamo trovato e rimosso molte trappole – sottolinea il direttore del parco, Gianni Guaita. – Sono strumenti molto grossolani, fatti in genere con fili di acciaio, o di nylon, o tagliole, o trappole a scatto. Immobilizzano gli animali, sottoponendoli a sofferenze inenarrabili. In più di qualche occasione sono rimasti intrappolati dei cani e in qualche caso è stato possibile liberare gli animali sopravvissuti.”
Il bracconaggio ovviamente è una pratica del tutto illegale. Nel mondo rappresenta un giro di affari valutato dalle Nazioni Unite in oltre 200 miliardi di dollari. Si tratta del quarto più grande mercato criminale dopo il traffico di armi, di droga e di uomini. Coinvolge gli esseri più indifesi, quelli che non hanno voce e di cui quasi mai sono riconosciuti i diritti. Diritti che invece in alcune costituzioni più recenti e avanzate dell’America meridionale, come quelle dell’Ecuador e della Bolivia, sono espressamente identificati come diritti soggettivi. Per esempio, un fiume può essere difeso da un avvocato in un’aula di tribunale.
Da noi, prima ancora dei diritti giuridici, l’ambiente e gli animali sono protetti dalla sensibilità collettiva, fondata su un sentire comune che assegna alla natura una valenza di intangibile sacralità. Un valore usurpato da pochi – rozzi e vili – bracconieri.
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