Ben Pastor, la storia e la letteratura tra le generazioni
Ben Pastor, la storia e la letteratura tra le generazioni: folto pubblico alla Mondadori di Velletri
Un incontro indimenticabile quello del venerdì pomeriggio targato Mondadori Bookstore. La scrittrice italo-americana Ben Pastor, infatti, ha presentato il suo ultimo libro – uscito pochi giorni fa – conquistando la folta platea con la sua cordialità, il suo garbo e la sua voce interessante e coinvolgente. La notte delle stelle cadenti è un giallo, edito da Sellerio, che sta già facendo parlare di sé. Una storia, quella di Martin Bora, che trascina il lettore in un doppio contesto di storia, letteratura e introspezione. Se in molti definiscono Ben Pastor un’accademica prestata al giallo, la scrittrice risponde con motivazioni di tipo artistico a tale lusinghiera etichetta. “Trovo che la letteratura e la storia diano più spunti dal passato. Il mondo moderno è meno interessante, per questo scrivo prevalentemente di tre periodi: il IV secolo dopo Cristo, che mi consente di attraversare la mia passione per l’archeologia che qui dovrebbe essere ben radicata visto che siamo nella patria di Augusto, e poi la Prima e la Seconda Guerra Mondiale”. Un discorso che però, al di là dei gusti personali, ha anche un sottofondo antropologico: “In merito alle due guerre, penso che in me si risvegli una riconoscenza nei confronti della grande generazione che ha preceduto la mia. Intendo dire che chi ci ha aperto la strada ci ha lasciato tantissime aspettative, un afflato di desiderio, compiendo scelte epocali – anche nei fallimenti – che sono state risparmiate alla mia generazione. Chiaramente Martin Bora, il mio protagonista, è un personaggio che si colloca bene perché vuole risolvere il crimine ed è l’uomo giusto con l’uniforme sbagliata. Vive una sfida ogni giorno”. Proprio la quotidianità regala gli spunti più vividi all’autrice, che ha raccontato come la tensione emotiva della guerra la faccia immergere in una scrittura che tiene conto delle scelte morali e della ricerca delle fonti. “Dietro ad ogni romanzo” – ha detto la Pastor – “c’è una grande ricerca saggistica. Non era semplice ricostruire la Berlino del 1944, ancora non completamente distrutta, le fonti erano poche”. La letteratura di Ben Pastor, però, va oltre la semplice storia e soprattutto si presta a divagazioni sull’attualità. Il suo circoscrivere molti passi narrativi a momenti epocali di rovina è stato oggetto di una profonda riflessione da parte dell’autrice: “Quello di oggi potrebbe essere un tempo di non ritorno. Siamo, anzi, alla fine dei tempi dal 1989. Il sistema binario, con tutti i suoi mali, teneva insieme il mondo. Ora c’è una frammentazione, una moltiplicazione delle guerre. Non rimpiango di certo il muro, che peraltro ho attraversato, ma in alcuni contesti l’occidente capitalista e sfrenato non ha il controllo della società. Trenta anni di egemonia di pensiero finanziario americano, basato sul guadagnare tanto, sono pesanti: agli USA interessano gli USA. Il mio pensiero maggiore va ai giovani, perché vivono fra le rovine di un mondo che non lascia intravedere una riva. Si richiedono diversi requisiti per sopravvivere, ma non tutti li hanno. E anche solo sapere che c’è una sponda può cambiare il modo di vivere…”. Una dichiarazione che ha aperto un vivo dibattito, da parte del pubblico presente, con applausi, domande e un lungo firma-copie. Ben Pastor ha rilasciato inoltre una piccola intervista per approfondire alcune tematiche non trattate nella chiacchierata condotta con la solita sapiente bravura da Ezio Tamilia.
Ben Pastor, La notte delle stelle cadenti è un giallo che però alterna due generi al suo interno: una forma diaristica, assolutamente intima, e una larga cornice storica, che impone quindi rigore e scientificità….
È vero, confermo… Come al solito ci sono sia motivi nobili che pratici. Quello pratico è la necessità di variare la narrazione perché la terza persona onnisciente, dove il protagonista è uno dei personaggi, ha una sua voce. Il diario è invece in prima persona e dà una visione personale delle cose. Il “padre nobile” di questa scelta è che quando si ha un protagonista essenzialmente introverso, molto preparato e colto ma laconico, deve poter parlare sé e se non lo fa con gli altri parla alla pagina bianca. Diciamo che è un altro modo di vedere un personaggio che si presenta in maniera diversa da com’è.
Praticamente Martin ci viene presentato con l’altra faccia della stessa medaglia?
Sì, totalmente… direi uno sguardo privato nella vita di una persona rigida che ha tuttavia le sue fragilità e che non le rivela agli altri.
Tecnicamente, quanto ha impiegato per la stesura di questo romanzo e quanto impiega, una scrittrice prolifica come lei, a scrivere un libro?
Abbastanza tempo… Io comincio a ricercare il prossimo romanzo mentre lavoro all’attuale, quindi due anni ci vogliono fra il reperimento dei testi che spesso sono in lingua tedesca, francese, e le idee da ordinare… devo spaziare un bel po’.
C’è quindi sempre una idea di un romanzo successivo mentre si sta scrivendo?
Almeno come impianto geografico sì. Tutto il resto viene dopo.
Intervista e testo a cura di Rocco Della Corte
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