Bambina cristiana: meglio non strumentalizzare contro i migranti il dolore dei bambini
Ha fatto il giro del mondo la storia della bambina cristiana londinese affidata a una famiglia musulmana le cui donne indossano addirittura il burqa. Prima di questa famiglia, la povera bambina era già stata in un’altra famiglia, sempre musulmana, le cui donne, invece, indossavano il niqab. Pare, inoltre, che le sia stata tolta la catenina con il crocifisso, insegnato che le feste cristiane sono stupide e, dramma tra i drammi, impedito di mangiare un piatto tipicamente italiano (romano), la pasta alla carbonara! Fa sempre piacere sapere, anche se magari è un po’ improbabile, che, in tutti i quartieri londinesi, il piatto base, amato od osteggiato, sia la carbonara che, forse, invece, molti italiani non conoscono neppure. Sullo studio dell’arabo, altro punto di disagio, non mi esprimo perché fa sempre comodo, oggi, conoscere una lingua in più.
Quando ho letto questa notizia, mi sono chiesta come mai l’affidamento di una bambina cristiana a una famiglia musulmana sia di rilievo internazionale.
In Italia, ci sono molti bambini musulmani affidati a famiglie cristiane o atee o agnostiche e non mi ricordo di aver letto articoli di tanto pregio in tal senso. Qualche caso ho avuto modo di conoscerlo personalmente e quelle famiglie, molto stimabili per la disponibilità umana e il servizio che offrono alla società, non conoscevano affatto la religione islamica e non si impegnavano particolarmente a rispettarne gli usi. A quel tempo, avevo pensato che la questione religiosa, se non c’è aperto discredito, è di secondaria importanza per bimbi la cui famiglia ha dei problemi così gravi che devono essere affidati a estranei, seppure temporaneamente.
L’affidamento di un minore è un passo molto serio, anche se limitato a un periodo, e nonostante il bambino mantenga rapporti con la famiglia di origine. Le famiglie affidatarie non vengono scelte dai servizi sociali con leggerezza ma, anzi, sono molto controllate ed è assurdo pensare che non parlino la lingua dello stato in cui avviene l’affido.
La relazione tra bambino e care giver, poi, è di grande importanza e deve offrire conforto e sicurezza. Diversamente, il bambino può sviluppare disturbi cosiddetti dell’attaccamento che possono diventare problemi relazionali anche importanti nell’età adulta.
La notizia di cronaca comprendeva il fatto che il giudice, seppur musulmano (!), dopo tutte le presunte polemiche, avesse ripreso in mano la questione e avesse affidato, questa volta, la bambina alla nonna. Sinceramente, non avevo capito come mai, essendoci una nonna disponibile, non avessero fatto quella scelta da subito.
Mentre riflettevo su tutti questi ragionevoli dubbi, ho saputo che tutta la vicenda era una bufala.
A questo punto, tirato un sospiro di sollievo per le migliaia di bambini londinesi in affido, mi viene voglia di scrivere un bell’articolo: “Bambino musulmano in affidamento a famiglia cristiana viene obbligato a indossare la croce e il cilicio, a mangiare un grosso panino con la pancetta mentre i suoi genitori affidatari si ubriacano al pub.”
Questo articolo, però, non sarebbe mai pubblicato dal Times.
E sarebbe giustissimo perché è davvero malfatto strumentalizzare la sofferenza di bambini in pericolo per denigrare una comunità religiosa.
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