‘Baciamo le mani’!
Alla ‘massa’ degli italiani (non parlo di ‘popolo’ che è termine troppo dignitoso) è sempre piaciuto soprattutto da un secolo a questa parte, inchinarsi e osannare i dittatori di turno. L’ultimo episodio è avvenuto ad Afragola dove un tizio è stato immortalato in prima fila tra la folla, mentre baciava voluttuosamente la mano dell’ultimo dittatore (o aspirante dittatore?): quel Matteo Salvini che sta più fuori che dentro il parlamento (tanto attualmente è un organo inutile e afono di cui più di qualcuno intende farne a meno.).
Dopo il duce dell’Impero, con le sue innumerevoli incensazioni, monumenti, esaltazioni, targhe, dediche e celebrazioni…), ci fu una certa parentesi democratico-degasperiana con una più aperta prospettiva che solo l’assassinio di Morò impedì di attuare, e così arrivò il decisionismo craxiano che aspirava a più alte mete (da ricordare – e sarebbe stato da studiare anche psicanalicamente – il coreografico ‘tempio’ innalzatogli dall’architetto Panseca per il 44° congresso del PSI nel 1987 a Rimini).
Il ‘decisionista’ venne però ingloriosamente disarcionato (prima ancora della sua aspirazione di salire sui cavalli del quirinale), con l’accompagno di un nutrito lancio di monetine, con l’aprirsi della stagione di ‘Mani pulite’. Fu sostituto da uno che già lo conosceva bene e lo aveva anche sovvenzionato, quel satrapo gaudente che rispondeva al nome di Berlusconi, il quale intorno a sé aveva qualcosa di più di un ‘cerchio magico’, e cioè tutta quella serie di succubi forzitalici, che una volta venuto meno il foraggiamento del tycoon italiano, lo abbandonarono gradualmente ma inesorabilmente, non prima di aver concesso che il satrapo fosse colpito da repentino innamoramento (non quello per Ruby e le altre, ma) verso un altro più longevo dittatore: il ras Gheddafi di Libia! E il cavaliere galante si espresse platealmente in una lungo e lascivo baciamano all’arabo soggetto, al quale fu anche concesso di parcheggiare le sue tende a Villa Panfili e gli fossero presentate un centinaio di bellocce debitamente selezionate perché ascoltassero ammaliate il coranico sermone del libico. Ma anche i ricchi piangono e nel suo lungo viale del tramonto il satrapo dolente oggi aspira ancora a riemergere dalla melma, corteggiando assiduamente il ‘pio’ Salvini perché ritorni con lui, onde non si dimentichi che fu proprio il sovrano di Arcore che già dal 2007, con una becera alleanza, ripescò la Lega che era in via di estinzione.
In questa breve carrellata di declassati, defunti, falliti o aspiranti dittatori, ecco apparire la new entry: il ‘pio’ Salvini, un esperto in cambi di casacche militari, ma ancora indeciso su quale preferire di più, dal momento che gli resta solo di indossare quella della ‘guardia’…medica.
L’attuale novello aspirante ‘dittatore’ – anche se con fare meno mellifluo e più casareccio non fa che seguire le orme del Berlusca: mettere di continuo alla gogna qualche nuovo ‘nemico’ contro cui puntare l’odio della ‘gente’, quella gente anonima e per questo più pericolosa, che chiede sempre una giustizia che è solo giustizialismo (e magari auspicando anche qualche cappio al collo), ed ecco allora che, deglutiti da tempo i ‘comunisti’, di volta in volta appaiono nuovi nemici da combattere: gli Immigrati, l’Europa, la Banca Centrale, la Francia, i ‘drogati’ e chi più ne ha più ne metta. Ma che volete, a molti devoti e non solo, piace ascoltare il vangelo di Matteo (Salvini).
Eppure, intanto il pinocchio alla presidenza del consiglio, sembra dare qualche segnale di voler tagliare qualche filo che lo lega al burattinaio e aspirare a diventare un ‘bambino’ vero, perlomeno per far capire di aver assimilato la favola collodiana. E così l’uomo solo al comando, potrebbe prima o poi (forse più prima che poi, se avranno un rigurgito d’orgoglio anche tutti quei ministri di ‘governo’ silenziosamente esautorati, quali quello della Giustizia, della Difesa, degli Esteri, della Marina, dell’economia, ecc.) correre il rischio di finire come quel suo lontano predecessore che affermava: “tanti nemici molto onore”, riesumando quel che diceva un celeberrimo e spietato condottiero, quel Frundsberg che fu tra coloro che si dedicarono con molta accuratezza al sacco di Roma (1628), l’anno prima di morire.
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