BABY GANG E IMBIZZARRITI
A frequentare gli spazi della follia più lucida c’è la possibilità di fare i conti per intero con il disagio dilagante nel nostro paese, con quanto piega ed a volte spezza il futuro dei più giovani, vittime e colpevoli compresi, a tal punto da rendere quasi disumano lo sforzo per raggiungere la più dovuta delle speranze, una vita equilibrata e decorosa, purtroppo ripetutamente svenduta al delirio di onnipotenza, al delirio di commiserazione quando i dazi da pagare si presentano senza più attenuanti. Accadimenti tragici, miserabili, vergognosi aggrediscono il consorzio vivile, il quale reagisce con i soliti slogans, cartellonistiche d’accatto, severità elargite con le mani bucate. Il gruppo di quelli che camminano con le mani in tasca e le gambe larghe, passa al setaccio le periferie, le città, le strade del gioco e del divertimento, il plotone marcia con la baionetta innestata, con le divise da veterani di una guerra che non è mai stata loro, nè mai lo sarà, nel frattempo però violenza, ingiustizia e illegalità marcano il territorio all’intorno, ne fanno un recinto dove tutto può esser condiviso, anche la nefandezza più irraccontabile. Soltanto dopo che la ragazzina di turno viene strappata all’amore e colpita ripetutamente senza alcuna pietà, ci accorgiamo che nostro figlio, ieri, l’altro ieri, stanotte, neppure ha fatto rientro a casa. Baby gang nostrane e stranieri imbizzarriti senza accompagnamento si radunano, si riconoscono, si irreggimentano in linea di tiro, obiettivi ragazzine indifese, giovani etichettati a sfigati, anziani sbattuti all’angolo, dove il rischio appare poco più di niente. Si insulta, si umilia, si ferisce, a volte si ammazza senza un sussulto di compassione. E’ divenuto tutto o quasi un rimasuglio che s’allarga di una infanzia spesso negata, di un degrado famigliare, oppure di una tavola dei valori costretta in gabbia dalla smemoratezza, relegata in seconda battuta, dall’unico benessere economico disperatamente agognato. In questa messaggistica istantanea di sfida e scommessa alla propria disumanità, c’è la perdita a cui si è destinati, non è facile davvero comprendere il disagio che buca ogni logica, siamo in balia di una comunicazione malata che ci è data in eredità, tra ciò che è vero e ciò che è falso, nel frattempo i più giovani arrancano, qualche volta ci sfiorano, ma non ci chiamano, non si fidano di noi, della relazione che riconosce l’altro se ne fregano, optando per il fai da te e fai per tre, mentre noi adulti ci accomodiamo a debita distanza. Eppure sappiamo benissimo che il rispetto per se stessi e per gli altri non lo impari smanettando sulla playstation e sullo smartphone, lo apprendi solo e unicamente dall’esempio autorevole di quanti non hanno paura di sporcarsi le mani.
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