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Aumentano le morti in carcere. Il sovraffollamento. L’incidenza degli stupri

Aumentano le morti in carcere. Il sovraffollamento. L’incidenza degli stupri
Febbraio 26
12:42 2010

0_9125_AE8fastwebnetMilano, 26 febbraio 2010. Morti in carcere: crescono i suicidi. Ai dati sul sovraffollamento e i trattamenti inumani e degradanti, che inducono molti detenuti a togliersi la vita, devono essere aggiunti quelli legati agli stupri e agli abusi sessuali su detenuti, che vengono taciuti persino dalle associazioni umanitarie per un incomprensibile senso del pudore. Il Gruppo EveryOne ha raccolto negli ultimi cinque anni segnalazioni di numerosissime violenze e coercizioni sessuali subite da detenuti, soprattutto in giovane età. Considerata la mancanza di strumenti atti a tutelare l’internato dagli abusi e in base alle testimonianze raccolte dagli attivisti EveryOne si può stimare che si verifichino nelle case circondariali italiane almeno 3 mila casi di stupro e riduzione alla schiavitù sessuale ogni anno. E’ una dato che corrisponde al 40% degli stupri totali che avvengono in Italia. “Quando entri in carcere,” hanno rivelato alcuni ex-detenuti a EveryOne, “se sei giovane o comunque hai un aspetto gradevole, diventi necessariamente la ‘fidanzata’ di un detenuto oppure vieni ripetutamente violentato dai prigionieri che hanno più potere e considerazione nella gerarchia che esiste dietro le sbarre. Oltre allo stupro anale, il giovane detenuto viene costretto a praticare la fellatio e altre forme di sesso coatto. Molti ragazzi si tagliano le braccia, le gambe, il petto, il viso e compiono altri atti di autolesionismo per sottrarsi a tali pratiche. Altri tentano il suicidio. La violenza su un giovane in carcere non è considerata un atto omosessuale, ma una manifestazione di forza virile e di potere. I direttori, le guardie e gli educatori tollerano questo stato delle cose, ritenendolo parte della pena da scontare, perché per molti di loro la prigione deve essere un inferno. Vi sono anche guardiani ed educatori che provano eccitazione, di fronte a questo mondo dominato da uno spietato sadomasochismo”. Esistono diversi studi che dimostrano l’incidenza delle violenze sessuali rispetto ai tentati suicidi in carcere, eppure in Italia non si è fatto nulla, finora, per prevenire questo fenomeno. Cattività, noia, mancanza di assistenza ai detenuti e mancanza di programmi di convivenza civile favoriscono l’affermarsi di una società deviante, basata sull’interazione fra ruoli dominanti, spesso sadici e ruoli sottomessi, vittime di violenze gravi. Le testimonianze raccolte dagli attivisti EveryOne conducono a una conclusione evidente, che pone la realtà delle violenze sessuali in carcere – una realtà ignorata dalle autorità competenti e spesso, inspiegabilmente, anche dalle organizzazioni umanitarie – fra le cause prime dei suicidi, dei tentati suicidi, degli atti di autolesionismo, delle sindromi depressive e di diverse forme di psicosi da cattività.

Su questo tema, una grave e delicata emergenza umanitaria, ci è pervenuto oggi un breve rapporto, a cura dell’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, che comprende Radicali Italiani, Associazione Il Detenuto Ignoto, Associazione Antigone, Associazione A Buon Diritto, Radiocarcere e Ristretti Orizzonti. Lo pubblichiamo qui di seguito.

11 detenuti suicidi da inizio anno ma un solo killer: l’invivibilità delle carceri

di Francesco Morelli (per l’Osservatorio)

Il sovraffollamento e la mancanza di attività fuori dalla cella triplicano la frequenza dei suicidi: è il risultato di uno studio sulle 11 carceri teatro delle ultime morti.

Con il suicidio avvenuto ieri nel carcere di Vibo Valentia salgono a 11 i detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno. Erano in prevalenza persone giovani (6 con meno di 30 anni) e in carcere per reati non gravi, alcuni appena arrestati ed altri prossimi alla scarcerazione (solo in 3 casi si prospettavano detenzioni lunghe), 8 italiani e 3 stranieri.

Questi suicidi non sono quindi legati alla disperazione di chi sa di dover passare molti anni in carcere, ma piuttosto all’angoscia di un “presente” che spesso significa sovraffollamento pauroso, assenza di attività trattamentali, negazione di ogni dignità umana.

Vincenzo Balsamo, suicida a Fermo martedì scorso, prima di morire aveva presentato un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo contro il sovraffollamento del carcere dove era ristretto. L’Associazione Antigone si è fatta tramite della sua istanza e di altre 1.200 identiche: tutti citano in giudizio lo Stato italiano per la violazione dell’art. 3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo, che proibisce di sottoporre i detenuti a “trattamenti inumani e degradanti”. Ma anche altre Associazioni ed i Radicali si stanno facendo carico dell’invio dei ricorsi alla CEDU, che oramai si contano a migliaia.

Cosa accadrà quando la Corte di Strasburgo emetterà migliaia di sentenze, inevitabilmente di condanna, nei confronti dell’Italia?

Il verdetto sul caso-pilota Sulejmanovic c. Italia (n° 22635/03), conclusosi nel luglio 2009, non lascia scampo: un detenuto deve avere a disposizione almeno 3,5 mq di spazio e deve poter trascorrere fuori dalla cella almeno 6 ore al giorno. In caso contrario è vittima di “trattamento inumano e degradante” e ha diritto a un risarcimento economico per il danno subito.

Oggi quasi nessun carcere italiano rispetta i criteri minimi stabiliti dall’art. 3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo. Nelle celle di 6 mq ci sono 3 detenuti, in quelle da 12 mq anche 10 detenuti.

Le “ore d’aria” generalmente sono 4 al giorno (ma negli istituti più sovraffollati bisogna fare i turni anche per i cortili dei passeggi, così si riducono a 2, o anche meno)… mentre la Convenzione dei Diritti dell’Uomo stabilisce in 6 ore il tempo minimo da concedere fuori dalla cella!

Sovraffollamento e suicidi

Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, in collaborazione con il Volontariato, sta mettendo a punto un “piano” per la prevenzione dei suicidi che contiene misure volte a migliorare – per quanto possibile nell’attuale stato di “emergenza” – le condizioni di vita dei detenuti.

Ma certamente non sarà possibile risolvere, almeno in tempi brevi, la “questione” del sovraffollamento, maggiore responsabile dell’invivibilità del carcere.

Confrontando il tasso di sovraffollamento delle 11 carceri dove sono avvenuti i suicidi di quest’anno con il numero totale dei suicidi registrativi negli ultimi cinque anni (vedi tabella sotto) è emerso che la frequenza dei suicidi arriva a triplicare nelle condizioni di maggiore affollamento, ma anche di particolare fatiscenza delle celle e assenza di attività trattamentali.

Il “primato negativo” spetta al Carcere di Cagliari, con 506 detenuti (affollamento al 146%) e 11 suicidi in 5 anni, con la frequenza di 1 suicidio ogni 46 detenuti. A San Vittore, con 1.127 detenuti (affollamento al 242%) e 13 suicidi in 5 anni, la frequenza è di 1 suicidio ogni 86 detenuti; quindi l’affollamento è quasi doppio, ma ci si suicida la metà!

Per capirne di più su questo apparente paradosso basta leggere alcuni passaggi riguardanti il carcere di Cagliari tratti dal “Rapporto sulle carceri” dell’Associazione Antigone:

“La struttura edilizia è fatiscente e inadeguata. La manutenzione è occasionale e risente dei pochi finanziamenti disponibili…”. “Fuori dalla cella solo le quattro ore d’aria. Spazi di socialità ridotti, quasi nulli. L’aria e la socialità goduti da tutti i detenuti con molte limitazioni per carenza di spazi…”. “Le attività culturali e ricreative sono limitatissime per mancanza di spazi così non esistono attività sportive per totale carenza di spazi…”. “Nessun progetto di reinserimento viene preparato. I trasferimenti vengono comunicati appena prima e di solito per motivi disciplinari…”.

Sulmona, che ha la triste nomea di “carcere dei suicidi”, si colloca al secondo posto: con 481 detenuti, affollamento al 159% e 6 suicidi negli ultimi 5 anni registra una frequenza di un suicidio ogni 80 detenuti.

Il carcere meno affollato è Spoleto: 565 detenuti e affollamento al 124%; in 5 anni vi sono avvenuti 5 suicidi, 1 suicidio ogni 113 detenuti (la metà di San Vittore e 1/3 del Buoncammino di Cagliari).

Il carcere con la minore frequenza di suicidi è Verona, nonostante un affollamento del 162% (956 detenuti e 3 suicidi in 5 anni, pari alla frequenza di 1 suicidio ogni 318 detenuti). Questo risultato positivo è probabilmente in relazione con le numerose attività lavorative, culturali e sportive che vi si svolgono e che consentono ai detenuti di trascorrere parte della giornata fuori dalla cella.

Infine le carceri di Fermo e di Altamura (1 suicidio per ciascuna in cinque anni) presentano un tasso di suicidi molto elevato, ma non indicativo, in quanto rapportato a un numero limitato di detenuti (rispettivamente 68 e 84).

Rapporto tra affollamento delle carceri e suicidi

Carcere
Capienza prevista
Detenuti presenti al 18 febbraio 2010
Tasso affollamento
Totale suicidi in 5 anni
Rapporto tra detenuti

presenti e suicidi (5 anni)

Vibo Valentia
256
411
160%
3
1 suicidio per 137 detenuti

Padova Casa Recl.
439
808
184%
5
1 suicidio per 161 detenuti

Fermo
36
68
188%
1
1 suicidio per 68 detenuti

Brescia
206
509
247%
3
1 suicidio per 169 detenuti

Spoleto
457
565
124%
5
1 suicidio per 113 detenuti

Milano San Vittore
712
1.127
242%
13
1 suicidio per 86 detenuti

Massa Carrara
185
238
128%
3
1 suicidio per 79 detenuti

Sulmona (AQ)
301
481
159%
6
1 suicidio per 80 detenuti

Verona
589
956
162%
3
1 suicidio per 318 detenuti

Cagliari
345
506
146%
11
1 suicidio per 46 detenuti

Altamura (BA)
52
84
161%
1
1 suicidio per 84 detenuti

Una scheda sui suicidi avvenuti nelle carceri dall’inizio dell’anno

2 gennaio 2010, Casa Circondariale di Altamura (Ba)

Pierpaolo Ciullo, 39 anni, si uccide asfissiandosi con il gas. Era all’istituto penitenziario di Altamura dall’ottobre 2009. Doveva scontare ancora pochi mesi di un pena per maltrattamenti e reati contro la persona avvenuti all’interno del nucleo familiare.

5 gennaio 2010, Casa Circondariale di Cagliari

Celeste Frau, 62 anni di Uta, si impicca nel bagno della cella. Stava scontando una condanna a 12 anni, per rapina, ma si dichiarava innocente e si sentiva incastrato da qualcuno del suo ambiente: questo aveva intaccato la sua psiche, come risulta da ricoveri e cartella clinica.

7 gennaio 2010, Casa Circondariale di Verona

Giacomo Attolini, 49 anni, si impicca utilizzando una maglietta legata alle sbarre. Aveva già tentato il suicidio e per questo si trovava nel reparto Infermeria. Il suo legale racconta che era stato privato delle lenzuola e di ogni altro materiale che potesse consentirgli un gesto estremo. Si è strappato la maglia e si è impiccato approfittando di un cambio di turno.

7 gennaio 2010, Casa Circondariale di Sulmona (Aq)

Antonio Tammaro, 28 anni, si impicca in cella al rientro da un permesso-premio. Era detenuto nella parte del carcere adibita a Casa di Lavoro e non stava scontando una pena per aver commesso reati, ma era sottoposto ad una “misura di sicurezza”, perché ritenuto “socialmente pericoloso”.

13 gennaio 2010, Casa Circondariale di Massa Carrara

Abellativ Sirage Eddine, 27 anni, marocchino, detenuto nel reparto Infermeria, si impiccato la notte scorsa con un lenzuolo annodato al tubo della doccia. Perché si trovava in infermeria? A quanto pare non era malato e non aveva necessità di cure.

Sembra si trovasse lì per tenerlo lontano dagli altri detenuti, che non gli perdonavano o il suo comportamento oppure qualche reato commesso precedentemente. Circostanza questa che avvalorerebbe il disagio del giovane, tanto da spingerlo a togliersi la vita.

17 gennaio 2010, Casa Circondariale di San Vittore (Mi)

Mohammed El Abbouby, 25 anni, marocchino, si uccide con il gas del fornello da camping in uso ai detenuti. Si trovava a San Vittore dal 15 agosto 2009 dopo la condanna in primo grado nel processo con rito direttissimo a sei mesi di carcere per la “rivolta” al Cie di via Corelli a Milano. L’uomo avrebbe quindi lasciato il carcere il 15 febbraio 2010.

19 gennaio 2010, Casa di Reclusione di Spoleto (Pg)

Ivano Volpi, 29 anni, si impicca nel reparto Infermeria del carcere. Era stato arrestato il 16 gennaio, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento, processato per direttissima e poi trasferito nel carcere di Spoleto.

22 febbraio 2010, Casa Circondariale di Brescia

Detenuto tunisino di 26 anni si impicca a un tubo nel bagno della cella, mentre i quattro compagni erano fuori ai passeggi, per l’ora d’aria. Era stato arrestato il 16 febbraio per detenzione di droga ai fini si spaccio. La direttrice del carcere dichiara: “Le condizioni di detenzione sono difficili”.

23 febbraio 2010, Casa di Reclusione di Fermo

Vincenzo Balsamo, 40 anni, si impicca nel bagno della cella. Era stato arrestato da pochi giorni, in seguito alla revoca dell’affidamento in prova ad una Comunità di accoglienza per tossicodipendenti. Aveva appena presentato un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo contro il sovraffollamento del carcere dove era ristretto.

24 febbraio 2010, Casa Circondariale di Vibo Valentia

Detenuto italiano di 42 anni si impicca nella sua cella. L’uomo, originario di Taurianova, ha scritto una lettera ai familiari e, dopo avere appeso il proprio accappatoio alla finestra della cella in modo da impedire la visuale, si è tolto la vita. Sarebbe uscito dal carcere nel 2012.

Nella foto, opera di Fernando Botero

 

Per ulteriori informazioni:

Gruppo EveryOne

+39 340 8135204 :: +39 331 3585406

www.everyonegroup.com :: info@everyonegroup.com

 

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