Artemisia Gentileschi e il suo tempo
Roma – Si conclude l’8 maggio 2017 presso il Palazzo Braschi, la splendida mostra dedicata alla grande pittrice Artemisia Gentileschi. 100 opere esposte che abbracciano un percorso temporale dal 1610 al 1652. Ed è nella prima metà del XVII secolo che si muove una grande donna e una splendida pittrice ed artista. Unica nel suo genere, unica nel suo tempo. Un tempo fatto di uomini e di tante altre difficoltà. Nata nel 1593 e morta nel 1653, la Gentileschi è tutto: donna, pittrice, artista di prim’ordine, intellettuale… Una donna dal carattere risoluto, “un talento che le consentì, giovanissima, arrivata a Firenze da Roma, prima del suo genere, di entrare all’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze; che le fece imparare, già grande, a leggere e scrivere, a suonare il liuto, a frequentare il mondo culturale in senso lato; una volontà che le consentì di superare le violenze familiari, le difficoltà economiche; una libertà la sua che le permise di scrivere lettere appassionate al suo amante Francesco Maria Maringhi, nobile raffinato quanto tenero e fedele compagno di una vita. Una tempra la sua, che pure sotto tortura (nel processo che il padre intentò al suo violentatore Agostino Tassi) le fece dire: ‘Questo è l’anello che tu mi dai et queste le promesse’, riuscendo così a ironizzare, fino al limite del sarcasmo, sulla vana promessa di matrimonio riparatore”. “Oltre quindi ai magnifici capolavori di Artemisia come la Giuditta che taglia la testa a Oloferne del Museo di Capodimonte, Ester e Assuero del Metropolitan Museum di New York, l’Autoritratto come suonatrice di liuto del Wadsworth Atheneum di Hartford Connecticut, si vedranno la Giuditta di Cristofano Allori della Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze o la Lucrezia di Simon Vouet del Národní galerie v Praze di Praga, solo per citarne alcuni: dopo i dipinti della prima formazione presso la bottega del padre Orazio, quelli degli anni fiorentini, segnati dai lavori dei pittori conosciuti alla corte di Cosimo de Medici come Cristofano Allori e Francesco Furini, ma anche le tangenze con Giovanni Martinelli; altri che recano echi, e non solo, della sua amicizia e frequentazione con Galileo, come del mondo, allora nascente, del teatro d’opera”. Morirà sola. Sulla sua lapide poche parole: “Heic Artemisia”. Unica ed imperitura pittrice.
Palazzo Braschi, Piazza di San Pantaleo, 10, tel. 06 0608
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento