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Arte e Sesso: quando seni e genitali “urlano” il nulla

Arte e Sesso: quando seni e genitali  “urlano” il nulla
Novembre 14
09:42 2013

shunga 1L’arte e l’erotismo: un confine a volte evanescente, spesso marcato, motivato dal desiderio di sottolineare i costumi che cambiano, la società che evolve, i valori in frantumi. Tutto questo in un paio di “tette” o in un “pisello”. Con termini provenienti dalle bocche degli artisti che vantano “provocazione”, “rottura degli schemi”, “nudità comunitaria”, “esempio di indignazione messa in scena” e “denuncia politica”. Giusto per citare alcune delle recenti dichiarazioni apparse su media e pamplhlet (de)motivazionali. A cui spesso reagisco con un tacito sorriso. Ma, forse, sarò tarato io.

Io sono per la ricerca del “perché” dinanzi all’opera artistica. L’ho già detto, e lo confermo. Ma cosa c’è di artistico nel murales della mostra Keep Your Timber Limber dell’Institute of Contemporary Arts (ICA) di Londra?ica leopold museum fucked in

 

E dov’è l’arte in alcune “opere” della mostra Nackte Manner, letteralmente in tedesco uomini nudi, al Leopold Museum di Vienna?

 

 

calciatori nudi icaL’esperto di anatomia Gunther von Hagens, divenuto famoso soprattutto per la sua mostra itinerante “Body Worlds”, nel 2009 ha presentato al Postbahnhof di Berlino una coppia di cadaveri durante l’atto sessuale.

Anche questa è arte?

Ma arriviamo al dunque: il British Museum di Londra ospita, fino a gennaio, l’ennesima mostra che farà discutere. Curata da Tim Clark, conta circa centocinquanta opere ed un solo comandamento: “shunga”.

La parola cinese, che significa letteralmente “pittura della primavera”, in riferimento all’atto sessuale, ha vissuto la sua epoca d’oro tra il XVII ed il XIX secolo. Qui la rappresentazione dell’atto sessuale non è mai considerata peccaminosa o degradante. Almeno non in Cina.
shunga 2

I personaggi più frequenti dei shunga erano le geisha e le prostitute dei quartieri di piacere delle grandi città giapponesi. E ritraevano indistintamente, senza inutili inibizioni, scene di sesso omosessuale ed eterosessuale. Ambientate in luoghi comuni giapponesi, come terme e bagni, dove nudità e promiscuità sono la norma in molte città orientali.

In alcuni shunga compaiono anche scene di zooerastia, dove una donna si accoppia con un polpo. Originali.

Questa tipologia di dipinti compare, per la prima volta, sulle statue buddiste del VII sec, e poi successivamente in manuali del secolo successivo. Per poi venire rappresentate su rotoli di carta. shunga 4Per poi tramandarsi nei secoli, sino a diventare oggetto di studio e di ricercatezza artistica.
Una forma d’arte, inizialmente, dai forti toni elitari, accessibili solo a sacerdoti, samurai e all’aristocrazia. Poi la diffusione al ceto medio, con successivo calo artistico durante gli ultimi due secoli. Che vengono ricordati proprio in questa prima esibizione europea. E che, forse, dimensioni di sesso a parte (ma gli orientali non erano famosi per dimensioni diverse? Ai “poster” l’ardua sentenza), potrebbe essere davvero definita arte. Forse. Per lo meno, in questo caso, il “perché” c’è. Si nasconde, ma c’è.

Courtesy of Francesco Salvatore Cagnazzo – uozzart

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