ARRIVA IMMUNI L’APP ANTI CONTAGIO CoViD-19
Sarà IMMUNI, l’app italiana per il tracciamento dei contagi da Coronavirus. Il Commissario straordinario per l’emergenza CoViD-19, Domenico Arcuri, dispone: “di procedere alla stipula del contratto di concessione della licenza d’uso sul software di contact tracing e di appalto di servizio gratuito con la società Bending Spoons S.p.a.”
“Il contact tracing – o tracciatura dei contatti – è una delle azioni di sanità pubblica utilizzate per la prevenzione e contenimento della diffusione di molte malattie infettive, rappresenta un elemento importante all’interno di una strategia sostenibile post-emergenza e di ritorno alla normalità. Lo strumento può aiutare ad identificare individui potenzialmente infetti prima che emergano sintomi e, se condotto in modo sufficientemente rapido, può impedire la trasmissione successiva dai casi secondari”(Ordinanza n. 10/2020, Roma 16 aprile 2020).
Fin qui l’ordinanza, agevolmente scaricabile dal sito web della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Cerchiamo adesso di capire in via preliminare come funziona.
La soluzione consente agli utenti di tenere un forte controllo sui propri dati. I contatti avuti con altre persone vengono tracciati ma restano ‘bloccati’ nello smartphone dell’utente. Il tracciamento avviene tramite Bluetooth e la app conserva i dati fino a quando non si ha certezza che la persona che l’ha installata sul proprio cellulare è risultato positivo al test del CoViD-19. A quel punto la persona può dare il consenso al trattamento dei propri dati conservati sul cellulare, permettendo quindi di rintracciare le persone con cui e’ entrata in contatto nei giorni precedenti e ricostruendo la cronologia dei suoi spostamenti. L’app si compone di due parti: un registro sullo stato di salute della persona e della sua eventuale sintomatologia se affetto da Coronavirus e un tracciamento dei contatti che consentirà al software di riconoscere e tenere memoria dei dispositivi con cui lo smartphone del paziente è entrato in contatto. Nessuno dei dati raccolti verrà raccolto o diffuso prima che il paziente, se affetto da CoViD-19, abbia deciso di dare il consenso al loro utilizzo.
Quanto il progetto sarà efficace lo dirà solo il tempo, ma i precedenti di Singapore lasciano poco spazio agli ottimisti. Anche gli esperti sono scettici. Secondo uno studio della Oxford University per essere efficace una app per il tracciamento dei contagi dovrebbe coprire circa il 60% della popolazione di un Paese. In Italia saremmo circa 36 milioni di persone, e di conseguenza sarebbe necessario avere un sistema di test (tamponi e sierologici) capillare, che in questo momento manca all’Italia. “Un’app volontaria rischia di avere una sensibilità molto relativa” dice Laura Liguori esperta di Privacy, Cyber Security e Data Protection: “Dobbiamo aspettare di capire che le persone abbiano più paura del contagio e quindi scelgano di scaricare l’app o se temano maggiormente il controllo. Il quel caso, quindi, potrebbe essere un flop”. Ma gli organi di stampa oggi parlano di “volontaria – obbligatoria”.
Nel frattempo, la Commissione Europea il 15 Aprile ha emesso il Rapporto “Mobile applications to support contact tracing in the EU’s fight against COVID-19 – Common EU Toolbox for Member States” che ci dice che le soluzioni adottate devono essere pienamente conformi alle norme UE sulla protezione dei dati e sulla privacy e devono essere attuate in stretto coordinamento con le autorità di sanità pubblica. App e soluzioni possono essere utilizzate solo su base volontaria e i dati devono essere rimossi alla fine della fase di utilizzo allo scopo di contenimento del Coronavirus. Gli Stati devono puntare sulle soluzioni tecnologiche che garantiscono al meglio la privacy e preferibilmente basate sulla tecnologia di prossimità Bluetooth. Determinante è l’anonimizzazione dei dati ossia non va divulgata l’identità delle persone contagiate ma bisogna limitarsi ad avvisare con messaggi di alert le persone entrate in contatto o a rischio contagio invitandole ad autoisolarsi o a sottoporsi a tampone/test; le soluzioni devono essere interoperabili in tutta l’UE in modo che i cittadini siano protetti anche quando attraversano le frontiere; le soluzioni devono essere sviluppate ed erogate tenendo conto della sicurezza informatica e dell’accessibilità.
A stretto giro, Antonello Soro, Presidente dell’Autorità Garante per la Privacy, con riferimento alla lettera della Presidente del Comitato Europeo per la Protezione dei Dati, Andrea Jelinek, alla Commissione Europea sul Progetto di linea-guida in materia di app per il contrasto della pandemia dovuta al CoViD-19, il 16 Aprile ha dichiarato: “I principi indicati dalla Commissione Europea sono perfettamente in linea con le indicazioni contenute nel parere- di cui è stato relatore il Garante italiano – reso dall’Edpb (European Data Protection Board), il Comitato che riunisce le Autorità garanti europee, due giorni fa alla stessa Commissione. La Commissione, in particolare, indica come preferibili app basate sulla volontaria adesione del singolo e su sistemi di prossimità, come il bluetooth, in quanto maggiormente selettivi e, dunque, di minore impatto sulla privacy”.
Ma come se non bastasse, Apple e Google stanno lavorando a un sistema di tracciamento dei contatti Bluetooth. Sia Apple che Google hanno chiarito di essere focalizzati sulla tecnologia di tracciamento dei contatti per combattere il Coronavirus tenendo in gran conto la privacy e la sicurezza. Tuttavia, ci sono limitazioni intrinseche al protocollo Bluetooth che Apple e Google non possono mitigare, aggravate da ulteriori preoccupazioni per le eventuali terze parti che gestiscono i dati raccolti attraverso vari sistemi. Il sistema proposto da Apple e Google è in realtà un’API (acronimo di Application Programming Interface, ovvero Interfaccia di programmazione delle applicazioni) che sblocca alcune funzionalità relative al Bluetooth per le app che la utilizzeranno, inclusa la possibilità di eseguire la tracciatura Bluetooth in background. Per quanto riguarda la privacy, Apple e Google hanno adottato misure per anonimizzare gli utenti ed evitare la raccolta di massa di posizione e altri dati, come la modifica dell’identificatore Bluetooth univoco ogni 10-15 minuti. Ma anche con queste cautele, il sistema non è necessariamente progettato per essere completamente anonimo.
In conclusione, ad oggi regna sovrana la confusione. La tecnologia può aiutare, ma serve molto buonsenso da parte nostra, cittadini. La scelta comporta un compromesso tra salute pubblica, produzione industriale, e garanzia dati personali. La soluzione non sarà assolutamente indolore. Dobbiamo imparare a convivere con Corovirus. Il nostro futuro non sarà mai come il passato che conosciamo. Ognuno è chiamato a riflettere su questi temi. Per adesso restiamo a casa.
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