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Aree protette in Italia

Giugno 30
23:00 2009

Il presidente di Federparchi interviene nel dibattito aperto da “La Stampa” Sulle tematiche più importanti sviluppate dal Ministro nell’intervento pubblicato su La Stampa del 24 giugno sono senz’altro d’accordo. Mi riferisco ai passaggi nei quali si afferma che le aree protette marine e terrestri non devono essere “negate alla fruizione pubblica” e bisogna contrastare chi pensa che solo “cancellando pezzi di territorio dalla mappa geografica è possibile ottenerne e garantirne la tutela”. Anche se in Italia non c’è quasi più nessuno che ha una tale visione delle aree protette, dato che è sbagliata e non coerente con nessun indirizzo internazionale, e di tanto in tanto non è male puntualizzarlo. Fermo restando quindi che una visione solo vincolistica porterebbe all’impoverimento, c’è da dire che in tutto il mondo il sistema dei Parchi è gestito e sostenuto dal pubblico. Dagli Stati Uniti alla Russia, dall’Australia al Sudafrica e a tutta l’Europa.
Il Ministro ha del resto presieduto poche settimane fa un G8 Ambiente che ha approvato un importante documento – la ‘Carta di Siracusa’ – che sollecita l’impegno dei Governi per “la costituzione, la ristrutturazione e la gestione efficace di aree protette e la loro connettività ecologica” e per “incrementare, promuovere e gestire efficacemente una rete protetta di aree marine e terrestri, al fine di favorire nuove opportunità economiche e di impiego”. Che poi le risorse in questo momento siano poche e vadano utilizzate in modo efficiente va da sé, ma in tutto il mondo, ripeto, sono pubbliche. Non ho poi capito per chi valga il riferimento alle risorse utilizzate per il sottogoverno che producono. Di certo non per l’Italia dove le spese per gli organi istituzionali rappresentano solo il 2-3% dei bilanci dei Parchi.
Se esistono aree marine protette italiane che non sono fruibili dai subacquei (io non le conosco) fa bene il Ministro ad adoperarsi perché lo diventino. Basterebbe citare infatti l’esempio dell’area marina protetta di Portofino, che con 70.000 immersioni all’anno produce 12 milioni di euro di movimento economico ed è il luogo più frequentato dai sub in Italia, senza problemi di conservazione. Così come è interessante l’iniziativa di spingere per la fruizione delle imbarcazioni “ecologiche” visto l’attrattiva che le aree protette marine rappresentano per il diporto. Solo nell’area protetta del Plemmirio vengono apposte ogni estate oltre 100 boe per l’ormeggio di ben 400 natanti che in aree non tutelate non saprebbero dove e come ormeggiare.
Ma al di là di queste precisazioni, ribadisco che sono d’accordo con il ragionamento generale del Ministro e infatti negli ultimi anni le nostre aree protette hanno sviluppato una quantità innumerevole di programmi di rilancio delle economie locali tradizionali, tipiche e di qualità. È dalle buone pratiche dei parchi che è partita la valorizzazione di tanti territori un tempo considerati marginali. Una valorizzazione che si attua nel sostegno alle produzioni e ai produttori, nella continua ricerca di alleanze con artigiani, agricoltori e operatori turistici. Vorrei citare come esempio virtuoso la pubblicazione dell'”Atlante dei prodotti tipici dei Parchi” realizzato in collaborazione tra il Ministero dell’ambiente, Federparchi, Slow Food e Legambiente. Non sarà poi un caso se il sito della Federparchi, nato quattordici anni fa, è divenuto il primo sito turistico italiano per visite oltre tredicimila strutture ricettive. E tutto ciò senza scomodare investimenti statali o regionali e alimentando una gestione virtuosa che i parchi e le riserve hanno realizzato nonostante le incertezze in cui tanti governi li hanno mantenuti.
Le aree protette italiane hanno lavorato dunque concretamente sullo sviluppo economico in aree spesso difficili, ma non hanno dimenticato la missione primaria dei parchi: la conservazione della natura. E se oggi la foca monaca, e con lei l’orso, l’aquila reale, il camoscio d’Abruzzo, il gipeto e tanti altri animali a rischio, sono tornati ad espandere i loro territori a partire dai parchi italiani, un merito qualcuno dovrà pure averlo. Così come sarà frutto di scelte concrete e di costruzione di possibilità reali se i parchi possono vantare numeri – oltre 30 milioni di presenze annue – che ne fanno una delle poche mete turistiche in costante crescita nel Paese.
Tutto questo nel corso di questi anni l’abbiamo ottenuto grazie al paziente lavoro di tantissime persone che quotidianamente hanno impiegato pazienza, passione, impegno e professionalità, portando avanti scelte difficili e mediando tra posizioni a prima vista inconciliabili. Questi sono stati gli amministratori dei Parchi Italiani, Nazionali e Regionali e che ho da poco l’onore e l’orgoglio di rappresentare. Il Ministro Prestigiacomo conclude dicendo che l’ambiente ha un valore politicamente trasversale e chiedendo contributi ed alleanze. E anche qui, sono assolutamente d’accordo.
Federparchi è questo: un’associazione di donne e uomini delle più varie collocazioni politiche, ma uniti dall’intento di tutelare e valorizzare lo straordinario patrimonio rappresentato dalle aree protette italiane e prontissimi ad allearsi con il ministro per difendere ed incrementare le risorse e quant’altro possa servire a migliorare il nostro sistema.
Info: http://www.parks.it/federparchi

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