Nato a Monte Compatri nel 1901 e deceduto nel 1999, Arduino Transerici rappresenta un fulgido esempio della tradizione pittorica che da sempre accompagna i monticiani. Oltre a lui, infatti, possiamo ricordare Alfredo Michetti, che già conosciamo ampiamente nella veste di poeta, Alfovino Missori, Filippo Missori – un monticianaccio matto scatenato la cui simpatia non conosce limiti e che forse, aldilà della pittura, offre il meglio di sé stesso nella scultura; i suoi bassorilievi sono pezzi di incommensurabile delicatezza –, Marisa Missori, Curzio Pagliari, tanto per citare i maestri.
A loro vanno poi aggiunti i giovani: Raffaella de Rossi, Stefano Lodadio – amatissimo dai suoi concittadini, Stefano è il maggiore ricercatore di scorci monticiani inediti, cosa questa che permette alla gente di scoprire bellezze fino ad oggi rimaste nell’ombra –, Gianni Michetti – figlio d’arte, il padre infatti è il grande Alfredo –, Franco Paciotti, Ercole Andrea Petrarca – un ragazzo dalla mano veramente felice che si è dedicato con successo alla restaurazione di dipinti –, Cosimo Romano, Paola Salvatori. A loro voglio aggiungere lo scultore Francesco Intreccialagli che, a mio avviso (e se avrà un pizzico di fortuna, mai troppa nel mondo dell’arte), arriverà sicuramente molto in alto.
Ma oggi parleremo di Arduino Transerici. Nel 1914, appena tredicenne, rimane affascinato dagli artisti impegnati nelle decorazioni della chiesa e incomincia anche lui a cimentarsi in questa difficile e spirituale arte che solo Dio sa quanto chi scrive vorrebbe esserne padrone unitamente alla musica ed invece si deve accontentare unicamente di guardare e ascoltare, senza peraltro saperne cogliere, a volte, le profondità dei messaggi inviati dagli autori.
Per Arduino Transerici invece è tutto facile fin dall’inizio e la passione lo travolge in poco tempo. Dopo aver appreso i primi rudimenti, si decide ad iscriversi alla Scuola d’Arte di Roma dove si distingue per i risultati ottenuti tanto da meritare un attestato di lode da parte del Sindaco della capitale dell’arte.
Come tanti in quegli anni, nel 1924 decide di emigrare e di tentare la fortuna in Sud America. In Brasile conobbe dapprima giorni bui, ma poi la sua grande vena pittorica lo portò in breve tempo, e finalmente, al meritato riconoscimento artistico in terra straniera. Oggi, sia il Brasile che il Venezuela portano in sé il segno del nostro Arduino.
Tornato in Italia, nella sua Monte Compatri, non fatica di certo a farsi apprezzare e le sue opere si possono ammirare a Frascati, Rocca di Papa, Monte Porzio Catone, Rocca Priora e naturalmente a Monte Compatri.
È questa la storia di Arduino Transerici. Fino a pochi mesi fa, vicinissimo ai cent’anni, lo si poteva vedere passeggiare per le vie del Borgo San Michele, con in testa uno dei suoi cappelli rigorosamente neri e con al collo il fiocco tipico dei pittori. Oppure lo si poteva incontrare all’Antico Caffè Dominicis in Piazza del Mercato, spesso andava lì a leggere o semplicemente per incontrare gli amici.
Di lui però voglio raccontare una storia che ha fatto ridere tutta Monte Compatri. Non sono riuscito a raccogliere testimonianze certe su tutto l’accaduto, chi mi diceva una cosa chi un’altra, comunque questo è quanto sono riuscito a mettere insieme.
Sembra che ad Arduino piacessero molto i piccioni, beninteso, non in pentola, ma solo come animali. Gli piaceva vederli volare, appoggiarsi sui cornicioni delle case a tubare, a zampettare dondolando il collo tra i piedi della gente intenta nell’ormai famoso struscio lungo la Passeggiata. Ora avvenne che a qualcuno i piccioni piacevano veramente arrostiti o al sugo, cosa d’altronde comune ancor oggi e da che mondo è mondo a tanti buongustai; ma per il buon Arduino questo era insopportabile, anzi, la cosa lo mandava letteralmente in bestia. Così un giorno, armatosi dei suoi pennelli e vernici atossiche, catturò alcuni di questi volatili e, in gran segreto, gli dipinse le penne con colori estremamente vivaci e variopinti. Quando sui tetti di Monte Compatri si incominciarono a vedere questi strani uccelli, la gente iniziò ad azzardare le congetture più strane, senza però venire a capo di niente. L’arcano rimaneva tale nonostante tutti si spremessero a più non posso le meningi. Più se ne parlava e più il mistero rimaneva; finché un giorno casualmente qualcuno chiese al pittore cosa ne pensasse:
«Sono degli incroci di piccioni con pappagalli». Rispose seriamente il burlone.
E fu così che a Monte Compatri si sparse la voce che era apparsa una nuova specie di uccelli: un incrocio, appunto, tra piccioni e pappagalli. Sembra che molta gente sia venuta nel nostro paese per vedere di persona questi strani animali. Sembra poi, ma qui entriamo nella leggenda, che la voce sia arrivata anche al WWF. E sembra addirittura che la nota Associazione abbia mandato alcuni suoi esperti a studiare il fenomeno. Come dicevo, però, quest’ultimo fatto è basato solo su voci di popolo; rimane tuttavia vero e divertente tutto il resto, che la dice lunga su questo nostro simpatico paesano.