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APRIRE AGLI OGM? NO GRAZIE!

Dicembre 21
15:21 2020

Un ampio fronte di Associazioni ambientaliste, organizzazioni dell’agricoltura biologica e contadina ribadiscono che introdurre i nuovi e vecchi OGM e cancellare i diritti dei contadini sulle sementi sarebbe un suicidio per il Made in Italy.

 

Roma, 21.12.2020: Nella riunione di domani, 22 dicembre, la Commissione Agricoltura della Camera dovrà dare il proprio parere su 4 decreti proposti dal Ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, che con il pretesto dell’aggiornamento delle misure fitosanitarie, riorganizza il sistema sementiero nazionale, apre la strada alla diffusione degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) e dei cosiddetti “nuovi” OGM (New Breeding Techniques – NBT), che la Corte di Giustizia europea, con una sentenza esecutiva del 2018, ha equiparato agli OGM tradizionali.

Senza un confronto pubblico con le Organizzazioni contadine, né con le Associazioni dell’agricoltura biologica né ambientaliste, ma forse solo con le organizzazioni professionali agricole che sono anche proprietarie di imprese sementiere, il MIPAAF chiede alla Commissione parlamentare un parere positivo sui 4 decreti legislativi relativi al Servizio fitosanitario nazionale, alla riorganizzazione del settore delle sementi, dei materiali di moltiplicazione dei fruttiferi e delle ortive e della vite. E’ noto a tutti che, relativamente alla riorganizzazione del sistema sementiero nazionale, non c’è nessuna necessità di adeguamento a norme europee poiché queste non sono state ancora modificate, come sostiene invece il nostro Ministero dell’Agricoltura.

I decreti non solo tentano di introdurre gli OGM, “vecchi” e “nuovi”, nel nostro Paese, ma cancellano anche diritti fondamentali degli agricoltori come quelli dello scambio di sementi e della risemina  – diritti codificati dalla Legge 6 aprile 2004, n. 101 – “Ratifica ed esecuzione del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, con Appendici, adottato dalla trentunesima riunione della Conferenza della FAO a Roma il 3 novembre 2001“. Una decisione che verrebbe presa nella ricorrenza del secondo anniversario dell’adozione della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Contadini e delle altre persone che lavorano nelle Aree Rurali. 

Le Associazioni evidenziano che, mentre si dichiara che “l’obbiettivo è contrastare il rischio crescente di introduzione nel territorio dell’unione europea di organismi nocivi, tali da minacciare seriamente i nostri sistemi produttivi agricoli con ripercussioni negative sulla qualità e i prezzi delle nostre derrate alimentari”, cosa giusta e condivisibile, di fatto si vuole aprire la strada ad un pericolo ben più grande rappresentato dai nuovi OGM, che certamente non sono lo strumento utile a difendere tipicità, tradizione e territorialità delle nostre produzioni, ma anzi servono a prolungare l’esistenza di quell’agricoltura a monocoltura intensiva insostenibile e sempre più dipendente dalla chimica che di fatto minaccia sempre di più la biodiversità, l’ambiente, la salute e la sopravvivenza della tradizione agricola italiana.

I “nuovi” OGM sono ancora più insidiosi dei “vecchi”, in quanto con le nuove tecniche di ingegneria genetica si possono modificare di fatto la grande maggioranza di specie di interesse agrario quali le ortive come il pomodoro, i fruttiferi come il melo o la vite e quelle di interesse forestale.

La presenza dei nuovi OGM in pieno campo sarebbe devastante non solo per la biodiversità, ma anche economicamente. Le associazioni chiedono quale sarà la sorte della crescente produzione biologica, che in Italia vale oltre 4,3 miliardi di euro o dei prodotti a marchio DOP, IGP, STG, che valgono oltre 16 miliardi di euro, tutti rigorosamente “OGM free”?

Quesito rivolto anche alle Regioni che hanno espresso parere favorevole ai decreti durante la seduta della Conferenza Stato-Regioni dello scorso 17 dicembre, nonostante aderiscono alla rete europea delle Regioni OGM-free.

*Comunicato stampa inviato per conto di: Acu; Aiab; Ari; Fair Watch; Federbio; Firab; Greenpeace; Isde; Legambiente; Lipu; Pro Natura; Slow Food; Wwf; Coordinamento Europeo Via Campesina.

 

Per informazioni:

Ufficio stampa Aiab, 348.2652565

Ufficio stampa Cambia la Terra, 366.6292992

Ufficio stampa Greenpeace Italia, 342.5532207

Ufficio stampa Ari, 340.8219456

 

SCHEDA APPROFONDIMENTI

Le New Breeding Techniques (NBT) ottenute con tecniche di ingegneria genetica del taglia e cuci, vanno considerate, come stabilito dalla Corte di giustizia Europea nel 2018, alla stregua degli altri OGM in quanto ad oggi non risulta affatto dimostrato che questi nuovi OGM non presentino un rischio per l’agricoltura, l’ambiente e la biodiversità italiana. L’apertura agli NBT rappresenta inoltre una grave minaccia per la nostra filiera agricola anche da un punto di vista strettamente economico, considerando la chiara linea di opposizione agli OGM mantenuta dall’Italia per 20 anni a tutela dell’agricoltura e della filiera agroalimentare italiana, che del NON-OGM ha fatto una bandiera e sulla quale ha costruito la sua forza

La decisione dell’Italia di aprire ai vecchi e nuovi OGM arriverebbe mentre in Europa il Parlamento, con forte maggioranza e per la 50a volta dal 2015, si è opposto all’importazione di 5 nuovi OGM (GM soybean MON 87751 × MON 87701 × MON 87708 × MON 89788: 472/194/30, GM maize MON 87427 × MON 89034 × MIR162 × MON 87411: 488/186/22, GM maize MIR604: 489/185/22, GM maize 88017: 489/185/22, GM maize 89034: 490/184/22).

Francia, Germania e Italia rappresentano oltre la metà del mercato europeo delle sementi e dei materiali di moltiplicazione vegetale, un terzo del mercato mondiale delle sementi, dominato dalle imprese europee. Il mercato italiano, interamente non-OGM, vale circa un miliardo.

L’attività delle ditte sementiere e degli operatori commerciali del settore sementiero non possono essere confuse con le attività di scambio, a qualsiasi titolo, di materiali di moltiplicazione derivati dal raccolto di un agricoltore che vengono trasferiti ad altro agricoltore per la semina, in quanto queste fanno parte da sempre delle normali pratiche agricole e sono alla base della grande biodiversità agricola, dei processi di adattamento delle coltivazioni a nuove condizioni pedoclimatiche e delle specificità agroambientali dei diversi  territori, in quanto sono alla base del miglioramento genetico praticato dai contadini fin dagli arbori dell’agricoltura, il quale a sua volta è la base non solo per il miglioramento genetico delle varietà sviluppate dalla imprese sementiere, ma è lo strumento vincente e fondamentale per la lotta al cambio climatico.

I decreti in discussione intendono imporre le normative che regolano le attività delle imprese sementiere alle attività di conservazione e scambio delle sementi  anche nell’ambito delle cosiddette varietà da conservazione, da sempre mantenute e sviluppate dagli agricoltori. Questi decreti sono in conflitto con la maggior parte delle leggi regionali a difesa della biodiversità agricola e annullano pratiche consolidate e riconosciute anche a livello internazionale. L’esistenza di sistemi sementieri “informali” distinti da quello industriale non è più in discussione. Tali “sistemi informali” sono, in Italia, spesso alla base di un numero importante di DOP e IGP .

La cancellazione di questi diritti fondamentali degli agricoltori sarebbe un regalo ad un ristrettissimo numero di imprese sementiere, per lo più internazionali, ed un danno economico e strutturale per l’agricoltura italiana e alla sua capacità di fare evolvere nei campi le coltivazioni e rispondere così ai cambiamenti climatici in corso, oltre che una violazione di trattati internazionali che sono già da molto tempo legge nazionale. Conservare, scambiare semi, seminare il proprio raccolto, ossia il miglioramento genetico contadino, per il bene di tutti, non può essere criminalizzato.

 

 

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