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APPUNTI SUL  ‘DIARIO’ DI TARDINI E IL BOMBARDAMENTO SU FRASCATI

Ottobre 19
07:22 2020

 E’ noto come dopo la guerra, Domenico Tardini, dalla fine del 1946 volle far costruire un edificio – la ‘casa del clero’- a fianco della ricostruenda chiesa di Capocroce, perché commosso dall’abnegazione del vescovo ausiliare Budelacci e dall’impegno dei preti di Frascati dopo il bombardamento, ai  quali praticamente non era più rimasta una abitazione in cui risiedere, essendo stato distrutto anche il seminario diocesano.

L’attenzione di Tardini per Frascati datava ai tempi in cui il futuro cardinale e Segretario di Stato vaticano, era stato assistente ecclesiastico centrale della Gioventù Cattolica del Lazio e assistente centrale dell’Unione Uomini. Risale a quel tempo l’amicizia con Luciano Tamburrano presidente diocesano della Gioventù cattolica e poi segretario tesoriere nazionale della GCI. Tra l’altro Tardini (forse nel ’38 o ’39, lui non ne ricordava l’anno) aveva affittato un piccolo appartamento a Frascati dove veniva per qualche giorno di riposo e soprattutto dopo l’operazione di ernia che aveva subito il 4 giugno del 1942.

Interessanti a tal proposito sono le pagine del diario che Tardini pubblicate pochi anni fa dal padre gesuita Fausto Gianfrida con riferimento soprattutto agli anni che vanno dal dopoguerra alla fondazione di Villa Nazareth, istituita per accogliere diversi bambini orfani che egli sostenne negli studi (v. F. GIANFREDA s.J, Domenico TardiniLa guerra, gli orfani, la carità: “non mi sono dato pace”. Scritti spirituali, Studium Roma, 2007; e anche, V. Marcon, Carità e cultura a Frascati tra Otto e Novecento, 2014). Una parte di scritti del prete romano per gli anni precedenti la guerra dal 1933 al 1936 – erano stati già pubblicati da C.F. Casula, nel volume Domenico Tardini (1888-1961). L’azione della Santa Sede nella crisi fra le due guerre (Studium, Roma 1988).

Recentemente, quasi casualmente, sono stati recuperati alcuni altri appunti di colui che divenne nel 1935, insieme con Giovanni Battista Montini, Sostituto della Segreteria di Stato. Gli appunti, che vanno dal 1936 al 1944 e che Tardini rielaborò dopo la guerra, sono stati oggi pubblicati a cura di mons. Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Apostolico Vaticano (cfr S. Pagano, Domenico Tardini. Diario di un cardinale (1936-1944). La Chiesa negli anni delle ideologie nazifascista e comunista. San Paolo, Cinisello Balsamo 2020). Nel volume vengono riportati all’attenzione dei lettori i costanti, spesso quotidiani rapporti che Tardini ebbe specialmente con papa Pio XI oltre al più diretto contatto con Pio XII e con varie personalità di Governo di quei tempi, nonché cenni sui bombardamenti di Roma proprio mentre erano in corso le trattative affinché la capitale fosse proclamata ‘città aperta’.  Quello che resta comunque latente – a meno che non si trovi qualche ulteriore pagina di appunti magari archiviati in sedi per ora ancora inaccessibili – è qualche riferimento più preciso sui bombardamenti di Roma (non per niente nei quartieri bombardati vi accorse il papa Pio XII insieme con mons. Angelini e lo steso Montini), mentre nessun riferimento viene fatto al bombardamento su Frascati dove risiedeva il comando tedesco per l’Italia del Sud agli ordini del feldmaresciallo Kesserling.

Eppure Tardini deve aver visto anche direttamente quanto succedeva Frascati quell’8 settembre del ’43 allorché anche Montini assistette al tragico evento. “Sua Santità ha tuttora davanti agli occhi – affermò Montini, ora Paolo VI venuto in visita pastorale a Frascati nel 1963 – la scena delle immense fiamme che salivano da questo suolo a seguito del terribile bombardamento, che Egli poté osservare dalla terrazza del suo appartamento nella Città del Vaticano. Ricorda le angosciate esclamazioni con le persone vicine: guarda, guarda Frascati che va a fuoco! Guarda come è polverizzata a causa della spietata rovina che le piomba dal cielo. E ricorda poi quanto seguì: il deserto a Frascati, l’abbandono…”

Ma se negli appunti di Tardini può riscontrarsi qualche lacuna, è certo che ancora oggi nei libri di storia italiana  anche di noti autori, mentre si descrivono con abbondanza di particolari e spesso con l’aggiunta di nuove ipotesi le vicende dell’armistizio dell’8 settembre nonché sul ritiro di Kesserling, e ciò che ne seguì, è raro trovare qualche accenno al bombardamento alleato su Frascati, il che sembra dimostrare anche come tutti quei libri pubblicati localmente negli anni passati sull’argomento, non hanno avuto un’eco ‘esterna’.

In quanto al seguito della storia, il fatto che le sedi del comando tedesco, ubicate nelle diverse ville tuscolane fossero state per lo più risparmiate dal bombardamento, fece sì che dopo il primo sbandamento, i soldati tedeschi abbiano potuto facilmente riprendere in mano la situazione, il che portò anche alla scarsa possibilità che nella città di Frascati e nelle adiacenze si potesse costituire una vera  resistenza organizzata (il ‘Gruppo Castelli’ operava solo tra Marino e Rocca di Papa),  né  fu mai tentato qualche moto di sollevazione verso  quei militari (circa tremila) che avevano requisito case e ville della città passando poi ad occupare molti villini di Grottaferrata, Monte Porzio, fino a Rocca di papa e Monte Cavo.

D’altronde, durante l’occupazione di Frascati da parte dei tedeschi fin dal 1941, non si ebbero episodi di particolare intolleranza, nonostante il vescovo ausiliare mons. Biagio Budelacci, scrivesse al cardinale che “la venuta dei tedeschi non è stata accolta con simpatia dai cittadini i quali si sono mostrati non solo poco socievoli, ma diffidenti…e concludeva: i militari tedeschi nutrono odio verso il popolo italiano perché lo considerano un alleato non sincero”! Dopo il bombardamento del 1943, si costituì un Comitato di salute pubblica (con Budelacci, G. Micara, Pizzino, Baldetti, ecc.) fino all’ottobre del ’43, sostituito successivamente per una settimana (1-7 ottobre 1943) dal commissario prefettizio Domenico Palermo (che era stato nominato già dall’agosto del ’43), quindi, dal 7 ottobre 1943 al giugno del 1944 fu commissario Gianfilippo Micara. Ma fu soprattutto dopo i bombardamenti del gennaio e giugno 1944, che avvenne il rapido smantellamento delle postazioni tedesche a Frascati, così che il locale CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) designasse sindaco nel luglio del 1944, il socialista Enrico Santinelli, che in seguito fu contestato dalle altre forze che costituivano il CLN di Frascati, a causa di alcune inefficienze, del tipo: autorizzazioni varie non pertinenti o esclusive ad alcune ditte, oltre al fatto che erano “tuttora in carica impiegati squadristi e fasciolittorio i quali forma[va]no la quinta colonna danneggiando l’operato del sindaco e della giunta contribuendo ad ostacolare il buon  andamento dell’amministrazione”. Le componenti del CNL che avevano sostenuto il sindaco Santinelli erano: Democrazia del lavoro (che comprendeva socialisti e comunisti), Democrazia Cristiana, Partito d’Azione, Partito Repubblicano, i quali in seguito designarono sindaco Attilio Barbante dal 1 gennaio 1945 al marzo 1946, finché non ci furono elezioni regolari con l’elezione del primo sindaco: Clemente Aldobrandini che amministrò la città dal 14 aprile 1946 al giugno del 1952.

 

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