Appunti su Maria Lanciotti
Appunti su Maria Lanciotti
… cerchiamo le Seychelles e non guardiamo la sabbia rosa o il vento che accarezza pomice e ossidiana…
Maria Lanciotti è colpevole di tanto. Aver aspettato la svolta della piena maturità per rivelarci appieno e completamente la profondità della sua vita poetica. Aver concorso, forse e inconsapevolmente, a suggerire nei titoli dei due recenti suoi libri (entrambi per Edizioni Controluce) una lettura e una analisi critica minimalista. Così Anima periferica ‒ Le bambine raccontano e altre dispa(e)rate storie può apparire come una raccolta di racconti del ricordo o di indagine sociologica. Troviamo in verità oltre quaranta opere che spaziano dalla tenerezza al giallo noir, dal fantastico all’ironia, fino ad arrivare a piccoli capolavori di invenzione narrativa come in Cassandra. Nell’ultimo racconto (Ucci ucci) Maria sembra già correre verso il successivo libro perché Basilio, un uomo affetto da una patologia neurologica regressiva guarisce improvvisamente al contatto dei fiori e della natura, e va “risoluto incontro al suo avvenire, con la bocca piena di parole”. Ecco che la Lanciotti in Spirali ‒ Appunti di un vissuto (Collana Poesia) ci dice “Non più figura oscura, giudicante. Ora il mio dio è sunto e somma d’ogni fratello, d’ogni germoglio, d’ogni particella. È il lungo pianto di una umanità in cammino, la lotta di ogni coscienza, il lamento del mondo, il sorriso del mondo. Il mio dio è la pazzia, la resa e la risalita, è ogni cosa che è”. Ma per inquadrare Spirali (possono attorcigliarsi come un serpente o svanire come fumo) occorre forse un piccolo, magari banale, excursus sulla natura umana. Spesso siamo attratti dall’altisonante o dalla ‘moda’ per lo più esterofila. Così cerchiamo le Seychelles e non guardiamo la sabbia rosa o il vento che accarezza pomice e ossidiana, il verde cristallino e il brivido del pianto delle Diomedee. Pure nella letteratura siamo affascinati, giustamente è vero, da Pavese o Neruda, e poi Borges e Leopardi, che tutti hanno “vissuto” e illuminato. Ma poiché “ogni cosa è” Maria Lanciotti ci dà questo suo densissimo, prezioso zibaldone nel quale bisogna stare attenti a soffermarsi e assaporare e pensare. Tra poesia pura “Tramonti da bere ogni sera/ come quando/ ‒ nella gloriosa malinconia/ del cielo che imbruniva ‒/ strepitava l’amore” o ‘scherzi’ pieni di significati e emozioni (alla maniera di Apollinaire e Prévert) come in “Nuvole e fumo”. Oppure la beffarda e caustica “Revisione” di Caino e Abele in forma di dramma (scanzonata o disillusa?). Poi “Incontri”, o “I colori della barbarie” a testimonianza che Maria non stacca mai la spina della poesia. E i “Versi giovanili”, come veder palleggiare un campione in gioventù. E poi tanto altro ancora, come dicono nella presentazione dei telegiornali; ma è tanto di buono, fidarsi.
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