Appello al Ministro per le Riforme
Recentemente Antonello Iannarilli, presidente della provincia di Frosinone, ha proposto il riassetto amministrativo della Regione Lazio. La sua proposta giova e fa onore all’orgoglio “provinciale” delle quattro province storiche: Ciociaria, Tuscia, Sabina e Pontinia. A dire il vero mi aspettavo che tale proposta venisse avanzata dal nostro Governo, a livello nazionale, in quanto l’idea di una ricostituzione delle Regioni in chiave “bioregionale” dovrebbe interessare l’intera penisola. Infatti negli ultimi anni é andata maturando una coscienza ecologica e sociale, una considerazione delle diverse necessità delle varie realtà urbane e suburbane, che richiede una revisione generale degli attuali modelli regionali. Tanto per cominciare esiste la realtà dei grandi agglomerati metropolitani, come ad esempio Roma, Milano, Napoli, etc. ed esiste poi la realtà delle province e del territorio agricolo e boschivo. Va da sé che l’amministrazione di entità che manifestano differenze così sostanziali non può essere gestita in modo “centralistico”, che altrimenti gli interessi dei grossi agglomerati porterebbe alla fagocitazione e rovina dei centri meno popolosi ed al loro snaturamento.
In Europa già da tempo si sta attuando una politica “decentrativa” separando l’amministrazione delle grandi città da quella del territorio extraurbano. Ad esempio vedasi Parigi oppure Monaco di Baviera, entrambe definite “Città Regione” ed amministrativamente indipendenti dal resto del territorio.
Tornando al Lazio, vediamo che della costituzione dell’ente Roma Capitale se ne sta parlando da diversi anni. Se Roma ed una ristretta area metropolitana assurgesse alla qualifica di Città Regione, come era stato annunciato da diversi governi che si sono succeduti sia di centrodestra che di centrosinistra, non vi sarebbe nulla di strano nella proposta di Iannarilli di scorporare l’amministrazione regionale in due enti: Roma Capitale e Lazio storico. Se ciò avvenisse, come avrebbe dovuto già avvenire, questo riaggiustamento sarebbe una buona occasione di riassetto delle realtà storiche provinciali. Poiché il Lazio, ricordiamolo, è il risultato di un ragionamento politico (attuato essenzialmente durante il fascismo) il cui risultato fu lo smembramento delle realtà provinciali preesistenti. Ovvero la Tuscia fu separata in Tuscia viterbese e Tuscia romana ed altrettanto accadde con i centri della Sabina e della Ciociaria, etc.
La nuova realtà di Roma Capitale ed area metropolitana,in senso stretto, non dovrebbe superare i limiti dell’espansione urbana e adiacenze. Poiché è ovvio che le realtà civiche della attuale provincia di Roma vanno restituite ai loro ambiti originari, anche per un riequilibrio nel numero degli abitanti. Altrimenti, se tale operazione di riequilibrio non fosse attuata, la città di Roma compresa la sua provincia negli attuali confini, raggrupperebbe i quattro quinti dei residenti totali nel Lazio (come in effetti é oggi…).
Mi appello perciò al Ministro per le Riforme, Umberto Bossi, affinché, in vista dell’auspicata riforma federale, utilizzi il metodo di riassetto bioregionale della penisola, altamente utile e necessario per un buona amministrazione locale e per una identità locale condivisa.
Paolo D’Arpini – Bioregione Tuscia
Rete Bioregionale Italiana
Calcata (Vt)
Tel. 0761/587200 – circolo.vegetariano@libero.it
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